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Il Papa chiede ai governi del mondo di assumere iniziative volte a ridare speranza ai detenuti: "Nell'Anno giubilare saremo chiamati a essere segni tangibili di speranza per tanti fratelli e sorelle che vivono in condizioni di disagio. Penso ai detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto. Propongo ai governi che nell'Anno del Giubileo si assumano iniziative che restituiscano speranza; forme di amnistia o di condono della pena volte ad aiutare le persone a recuperare fiducia in sé stesse e nella società; percorsi di reinserimento nella comunità a cui corrisponda un concreto impegno nell'osservanza delle leggi".
"È un richiamo antico, - osserva il Papa - che proviene dalla Parola di Dio e permane con tutto il suo valore sapienzale nell'invocare atti di clemenza e di liberazione che permettano di ricominciare". Da qui il monito: "In ogni angolo della terra, i credenti, specialmente i Pastori, si facciano interpreti di tali istanze, formando una voce sola che chieda con coraggio condizioni dignitose per chi è recluso, rispetto dei diritti umani e, soprattutto, l'abolizione della pena di morte, provvedimento contrario alla fede cristiana e che annienta ogni speranza di perdono e di rinnovamento". Quindi l'annuncio di quello che farà il Papa stesso: "Per offrire ai detenuti un segno concreto di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”.
Il Papa ha varato il programma per il Giubileo 2025. Dall’amnistia per i detenuti all’accorato appello perché sia abolita la pena di morte, dal condono del debito per i Paesi più poveri, alla proposta della creazione di un Fondo mondiale coi soldi impiegati nelle armi per combattere la fame, Bergoglio, nella Bolla consegnata oggi ‘Spes non confundit’, ha messo nero su bianco le azioni da intraprendere per l’Anno Santo. ‘Possa il Giubileo essere per tutti occasione di rianimare la speranza’, l’auspicio.
La Bolla papale si apre alla luce dell’espressione di san Paolo “Speranza che non delude” perché offre la certezza dell’amore di Dio. Sul tema dell’indulgenza, che è il primo contenuto del Giubileo, ‘Spes non confundit’, come rileva il dicastero per la nuova evangelizzazione, offre una chiave di lettura interessante: “Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime”.
Bergoglio, nel programma, non si ferma all’annuncio di speranza, andando nel concreto: dall’appella per la pace (“Tacciano le armi”), all’importanza della trasmissione della vita in un’epoca di “culle vuote”. Nel cuore del Papa ci sono i detenuti per i quali il Papa intende aprire una “Porta Santa” all’interno di un carcere “perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”. Nella Bolla c’è poi il richiamo a tutti i vescovi perché si facciano portavoce contro la pena di morte. ‘Spes non confundit’ chiede speranza per i giovani e gli anziani; per gli ammalati, i profughi, i migranti e i rifugiati. “Le loro attese- scrive Francesco - non siano vanificate da pregiudizi e chiusure; l’accoglienza, che spalanca le braccia ad ognuno secondo la sua dignità, si accompagni con la responsabilità, affinché a nessuno sia negato il diritto di costruire un futuro migliore”.
Gli “appelli” che il Papa rivolge in Spes non confundi - come rileva il dicastero per la nuova evangelizzazione- possono essere interpretati “come ulteriori segni di speranza che richiedono l’impegno di tutti perché il creato sia rispettato e conservato nella sua interezza”; alla stessa stregua il richiamo per ‘condonare i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli’: “prima che di magnanimità, è una questione di giustizia”. La Bolla contiene poi l’appello per l’unità dei cristiani nella ricorrenza dei 1700 anni del primo concilio a Nicea. La speranza è la grande dimenticata. “In virtù della speranza nella quale siamo stati salvati, guardando al tempo che scorre, - scrive il Pontefice nella Bolla - abbiamo la certezza che la storia dell’umanità e quella di ciascuno di noi non corrono verso un punto cieco o un baratro oscuro, ma sono orientate all’incontro con il Signore della gloria. Viviamo dunque nell’attesa del suo ritorno e nella speranza di vivere per sempre in Lui”.
La Bolla si sofferma a lungo su questo tema presentando i grandi interrogativi che spesso sorgono dal profondo del cuore e non sempre trovano la risposta adeguata. E’ così davanti alla morte delle persone che si amano quando sorge la domanda di dove possano essere e in quale luogo; se c’è veramente una vita dopo la morte e come può essere; sul giudizio di Dio per ognuno di noi, ricordando che è sempre compiuto alla luce della misericordia. La risposta del Papa: “Cosa sarà dunque di noi dopo la morte? Con Gesù al di là di questa soglia c’è la vita eterna, che consiste nella comunione piena con Dio, nella contemplazione e partecipazione del suo amore infinito. Quanto adesso viviamo nella speranza, allora lo vedremo nella realtà”.