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Un viaggio introspettivo sui moti dell’anima, questa è la musica dell’artista napoletano Luigi Maione. Cantautore del Club Tenco, compositore, chitarrista, arrangiatore e poeta, prende per mano l’ascoltatore e lo porta a visitare il proprio mondo interiore tra melodie fluenti e incredibilmente riuscite. Dipinge con le note un universo variegato, tanto tormentato quanto bizzarro e ribelle, ma straordinariamente vivo e capace di comunicare una grande gioiosa vitalità.
Dopo “Assassini si nasce” e “ Parola di Franz!”, ”Grancirco” è il suo terzo album.
Anche stavolta il cantautore riesce a sorprenderci con l’evidente pienezza compositiva nei testi e nella musica. Sonorità dense e variopinte raccontano di storie, paesaggi e personaggi che si muovono in una realtà dove si susseguono malinconia, follia, gioia e tristezza, sempre accompagnati da una timbrica originale e tagliente, nonché dall’intelligente ironia provocatoria dell’artista. Ha solo 9 anni quando si esibisce come cantante prodigio in un talent dell’epoca e da allora il suo amore per la musica non l’ha più lasciato. Menzione d’onore Memorial Sermoneta, chitarrista del Rhapsodija Trio, ha inciso 15 cd e ha partecipato ad alcune colonne sonore di film. Vanta il curriculum vitae di un musicista che dimostra di avere tutte le carte in regola per distinguersi nel panorama musicale italiano, molto spesso povero di audacia e originalità.
La sua è un’arte che arriva a sfiorare gli intricati meandri dell’animo umano con delicatezza e rispetto e racconta le emozioni autentiche, quelle difficili da esprimere per molti di noi.
Lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio ed immergerci nella sua musica.
Ciao e benvenuto su Sardegna Live
“Ciao e grazie per avermi invitato”
La tua arte ha un grande impatto emotivo, un’esplosione di libertà e imprevedibilità. Come riesci a tradurre in musica forti emozioni senza lasciarti coinvolgere da espressioni edulcorate e fastidiose?
“Di solito quando scrivo sto attento proprio ad evitare frasi retoriche o sdolcinate, così come trasgressività fine a se stesse. Almeno, ci provo… Faccio un lavoro molto accurato sui testi, prima di scrivere ho una vaga idea di quel che voglio dire, poi mi faccio aiutare dalla musica. Scrivo solo quando l’attimo creativo è maturo, soprattutto per i testi più, diciamo, poetici. Alcune frasi mi vengono di getto, ma in generale sono molto esigente con me stesso, soprattutto con le parole in musica. Cerco maniacalmente il suono della parola, oltre al senso. La parola non deve inciampare nella musica, deve essere musica anch’essa, un tutt’uno insomma. Poi ci sono canzoni che si scrivono da sole, come ad esempio “Pasquale fiori sull’acqua”.
Il tuo nuovo album s’intitola Grancirco. Quale è stata la sua genesi?
“Grancirco" nasce dal quadro riportato in copertina dell’artista e amico Luca Lischetti. Quando l’ho visto sono rimasto fulminato. Non è la prima volta che Luca mi stuzzica, ho scritto anche altre canzoni o poesie, ispirandomi alla sua arte. Nel quadro c’era tutto un mondo, il mondo contemporaneo, che sempre più si forma e si deforma nel disordine generale”.
Tutti i brani di “Grancirco” trasudano originalità. Come nascono? Da un impulso o da una riflessione?
“Da entrambe le cose direi. Prima di scrivere e organizzare i brani di questo nuovo album avevo deciso di fare un qualcosa di più acustico rispetto ai due precedenti, per dare più spazio forse alla mia vena d’autore e a una certa liricità. Poi, strada facendo non ho resistito al fascino della sezione ritmica (basso e batteria)…”
Il brano che mi ha colpito di più è proprio quello che apre l’album e che, secondo me, prepara l’ascoltatore ad entrare nel vivo dell’intero lavoro. “Grancirco” inizia con una frase: “regola numero uno ‘carpe diem’….fate la corte agli avvoltoi, entrate nelle loro grazie…non sognate un mondo migliore, siete già nel migliore dei mondi”, ci spieghi qual è il messaggio che vuoi far arrivare?
“Vuole essere lo specchio del caos, dello smarrimento che ci pervade nella società liquida, per dirla alla Bauman. È una denuncia, la condanna dei disvalori di oggi, come l’abbrutimento, la volgarità, la sopraffazione, la sfrenata competizione, la perversione delle regole del vivere sociale fatte passare per le uniche possibili, per esempio:
“Il potere fa l’uomo giusto / Pugno di ferro e guanto di velluto / Puntate sulla vulnerabilità delle masse / individuate le ragioni del loro malcontento / e cavalcatele senza remore / Tutta le colpe sono del vostro avversario, il nemico! / Voi siete la verità!
Non ho voluto mettermi sul pulpito, anche se il mio personaggio lo fa. Io per primo sono pieno di contraddizioni, figuriamoci…. Ho solo fatto l’avvocato del diavolo, anzi il diavolo in persona con cilindro e megafono, dettando le regole del gioco. Il testo di questo brano mi ha dato filo da torcere, forse è quello che mi ha impegnato più di tutti. Non so quante volte l’ho corretto. Alla fine ho scelto gran parte della prima stesura, la più verace, fatto di pancia sì, ma anche di tanta testa, di impegno analitico nell’osservazione del nostro tempo. Poi, ovviamente, resta solo la mia visione delle cose…”
Quindi la pandemia non ci ha reso persone migliori?
“Non credo ci abbia reso migliori, ci ha fatto solo illudere di poterlo diventare. È stata una drammatica occasione mancata. Ci sono state le solite strumentalizzazioni, e i giochi di potere e l’incompetenza si sono addirittura moltiplicati. Certo, mi rendo conto che è stato uno tsunami, ma bisognava prevederlo e si poteva, per arginarlo meglio, ma credo che questo non sia stato fatto. Aggiungo poi che la spaccatura venuta a crearsi nella popolazione ha peggiorato la situazione. Ma ci sarebbe tanto altro da dire…
Poi è scoppiata la guerra in Ucraina, (come vedi, l’umanità non si fa mancare niente). Ma l’aria che tirava (ancora prima della pandemia) era già matura per denunciare la deriva della contemporaneità”.
In tutto questo, qual è il tuo “brodo caldo per l’anima”?
“La poesia. Ma direi l’arte in generale, quella che sublima tutte le pulsioni più recondite e anche quelle più proibite”.
Torniamo alla tua musica, ci faresti una panoramica degli altri brani del cd?
“Nel cd ci sono in tutto 11 brani, 11 figli, ognuno con un suo carattere, e menomale! Non ci sono solo denuncia, romanticismo e malinconia. C’è anche divertimento, "folclore", leggerezza. Ad esempio, nei tre pezzi in napoletano, “Strangianome”, “Zompa” e “Fatte purta’”, ho voluto percorrere tre anime caratteristiche della mia terra: ironia, ribellione e passione malinconica, potendomi avvalere anche di strumenti acustici come violino, (Maurizio Dehò), fisarmonica, (Nadio Marenco), gralla catalana, sax soprano, flautino (Adalberto Ferrari) ed altro… Poi all'esatto opposto ci sono brani come “Kebab” con un’atmosfera cupa e metropolitana, un testo filmico pieno di immagini e flash back . Di “Pasquale fiori sull’acqua” ti ho già accennato”, è la storia di uno dei tanti pittori geniali morti sconosciuti. In questa canzone mi sento di affermare che fisarmonica, violino e basso hanno davvero toccato la bellezza. Poi c’è “Conquistador”, un gioco ironico di coppia con la cantante Francesca De Mori che mi dà il “benservito”, e ancora uno strepitoso terzetto di fisarmonica, violino e clarinetto che si rincorrono e si sgambettano per tutto il brano. “Luna dritta Luna storta”, brano ironico e divertito sull’ inadattabilità di un utente del mondo, che si giustifica affermando : “dipende solo dagli occhiali, più che bifocali, bipolari.” “Passaggio” con un testo diciamo esistenzialista, in cui ci tengo a segnalare la bellissima tromba di Massimo Marcer così come nel brano di chiusura “Il bello.” La traccia n. 5 “Storie di divani in bianco e nero” è invece la fotografia di due amanti, che vivono di viaggi immaginari e sogni reali. "Naviga l'amore negli alberghi di città, e noi sospesi a un filo in viaggio per l'Europa dei caffè…" Qui, il gioco abile e leggero tra le percussioni di Marco Parano e il basso di Federico Bagnasco, e ancora le impunture di violino e fisarmonica, fanno da perfetta cornice al brano”.
Ho notato, anche nei cd precedenti, che nelle tue canzoni c’è tanta musica. Alcuni brani sono dei recitato su atmosfere d’impatto, come Nastro Trasportatore, La fine del silenzio, La linea gialla e, in quest’ultimo cd, Kebab e lo stesso Grancirco. È una delle tue caratteristiche stilistiche?
“E’ vero, è voluto. E’ una staffetta tra musica e parole, si passano la palla e si completano a vicenda. La musica fa da colonna sonora al testo”.
Le musiche quindi sono costruite interamente da te o ti fai aiutare nell’arrangiamento? C’è qualcuno che devi ringraziare in particolare?
“Devo ringraziare tutti! Ma le musiche e le strutture dei brani sono tutte di mia composizione. Dove nello spartito non ci sono parti obbligate da eseguire, i musicisti mettono del proprio, ovviamente, e lo fanno con una sensibilità e una sapienza che impreziosiscono ampiamente il risultato finale, soprattutto in questo cd. Alcuni input ritmici me li ha suggeriti Giuseppe Rotondi, autore anche dei mix e sound engineering”.
A proposito dei musicisti, vuoi dirci qualcosa di loro?
“Tutti grandi, grandissimi: Nadio Marenco, Maurizio Dehò, Adalberto Ferrari, Federico Bagnasco, Stefano Profeta, Alex Mandelli, Massimo Marcer, Marco Parano, Francesca De Mori, Robi Zanisi, Francesco Borrelli, Giuseppe Rotondi: diciamo che è il meglio che potesse capitarmi. Poi è normale che io abbia un debole per Nadio Marenco, che definisco il Picasso della fisarmonica e Maurizio Dehò, il poeta del violino, rispettivamente fisarmonicista e violinista del Rhapsódija Trio di cui io sono il chitarrista. Ma ci sarebbe da scrivere un capitolo a parte per ognuno di questi grandi maestri”.
Cos’è la felicità per Luigi Maione?
“Ti rispondo con una frase del brano “Nastro trasportatore” dal cd Assassini si nasce. “La felicità è una cadenza d’inganno” (La cadenza d’inganno è un’espressione musicale che sta ad indicare una risoluzione armonica differente da quella che il nostro orecchio si aspetterebbe in quel punto. E’ insomma una variante della cadenza perfetta).
A prescindere dall’utilizzo musicale, trovo che sia un’espressione immensa, perché la felicità può saltare fuori proprio dove non la cercavi... Ma è un’espressione a cui si possono dare tanti significati…”
Hai un “progetto per il futuro” del quale vuoi parlarci?
“E’ un po’ di tempo che non faccio calcoli sul futuro. Forse non li ho mai fatti. Neanche questo cd era in programma. E’ stata una mia urgenza, e non vorrei avere nessuna aspettativa… Le cose andrebbero fatte e basta, se ci credi, senza l’ossessione di un grande riconoscimento. Lo so, non è facile per nessuno... In cantiere c’è però la pubblicazione di una raccolta di poesie con le edizioni di Maurizio Vetri, con cui ho già pubblicato un piccolo libro di racconti.
No, non mi ha chiesto neanche un centesimo…”