Dal 6 agosto il Green pass è diventato obbligatorio per poter in alcuni luoghi come piscine, palestre, bar e ristoranti. Chi viola l’obbligo di esibire la certificazione verde può incorrere in severe sanzioni amministrative. Ma non solo. Per chi tenta di aggirare le limitazioni imposte dal Governo c’è perfino il rischio di dover affrontare un processo penale in piena regola fa presente laleggepertutti.it. Ma quando si compie reato?

In linea di massima, chi non si munisce di Green pass e frequenta luoghi che gli sarebbero inibiti commette una violazione di legge punita con una pena pecuniaria. Lo stesso dicasi per il gestore dell’esercizio commerciale o della struttura che avrebbe dovuto effettuare i controlli, il quale rischia anche di dover chiudere la propria attività per qualche giorno. 

Secondo la legge , il Green pass è obbligatorio per: servizi di ristorazione per il consumo al tavolo, al chiuso; spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi; musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre; piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, per le attività al chiuso; sagre e fiere, convegni e congressi; centri termali, parchi tematici e di divertimento; centri culturali, centri estivi, centri sociali per le attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia; attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò; concorsi pubblici. 

Il Green pass ha una durata diversa a seconda del motivo che ne ha giustificato il rilascio. Per le persone che hanno completato il ciclo vaccinale, la certificazione è valida 270 giorni (9 mesi) dalla data dell’ultima somministrazione. Per la vaccinazione dopo la prima dose, la certificazione viene emessa anche contestualmente alla somministrazione ed è valida fino al tempo massimo per la dose successiva (42 giorni per Pfizer e Moderna, 84 giorni per Vaxzevria – ex Astrazeneca). Il Green pass ottenuto a seguito di test molecolare o antigenico rapido è valido 48 ore dall’ora del prelievo del tampone, mentre la certificazione verde rilasciata a seguito di guarigione dal Covid dura 180 giorni (6 mesi). 

Chi non è provvisto di un valido Green pass e accede comunque in determinati locali o attività, rischia sanzioni che vanno dai 400 ai 1000 euro. Sanzioni che, come anticipato, colpiscono sia il singolo cittadino che l’esercente o il gestore. Nello specifico, chi possiede un locale e viola l’obbligo di controllo per almeno tre volte in tre giorni diversi, potrebbe andare incontro alla chiusura, da 1 a 10 giorni, dell’attività imprenditoriale. 

Fatta la legge, trovato l’inganno. Per ottenere il Green pass c’è chi è disposto a violare le regole. Le frodi sono sostanzialmente di due tipi: contraffare o acquistare un certificato falso; esibire la certificazione di un’altra persona, spacciandosi per essa. C’è poi la possibilità che chi vende certificazioni false commetta anche il reato di truffa.  

Per quanto riguarda la falsificazione dei Green pass, la legge dice che si applicano le norme previste dal Codice penale in materia di falso commesso dal privato o dal pubblico ufficiale. Ciò significa che il cittadino che falsifica una certificazione verde rischia di incorrere nel reato di falsità materiale commessa dal privato. Per la precisione, poiché il Green pass è equiparabile a un certificato o a un’autorizzazione amministrativa, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, ridotta fino a un terzo. Chi si limita a usare un Green pass falso senza aver preso parte alla contraffazione, commette comunque reato (quello di uso di atto falso), ma le pene sono ulteriormente ridotte di un terzo. Trattandosi di reati procedibili d’ufficio, chiunque potrà denunciare la falsa certificazione, sia il personale addetto al controllo che qualsiasi altro individuo. 

Sul Green pass non c’è la foto dell’utente, ma solo il Qr code, il nome e cognome e la data della vaccinazione, della guarigione dal Covid o del tampone effettuato. Proprio per questo motivo è difficile, per chi verifica, accertarsi che l’identità sia giusta: le certificazioni potrebbero essere state falsificate o scambiate. Come spiegato oggi dalla ministra Lamorgese, il titolare o gestore di un locale non può chiedere un documento d'identità. Ma la polizia amministrativa, che farà controlli a campione, può chiederlo. A carico di chi utilizza la certificazione di altri potrebbe integrarsi il reato di sostituzione di persona, punito con la reclusione fino a un anno. Per aversi il delitto di sostituzione di persona non sono necessari i raggiri tipici della truffa. Non occorre dunque chissà quale macchinazione per spacciarsi per altro individuo. Pertanto, mostrare il Green pass di altri potrebbe essere condotta di per sé sufficiente a far scattare il reato di sostituzione di persona. 

In teoria, l’acquisto e la vendita di Green pass contraffatti possono integrare, oltre che il delitto di falso, anche quello di truffa. Secondo la giurisprudenza, i reati di truffa e di falso possono coesistere, anche quando la falsificazione sia stato lo strumento per portare a termine il raggiro. Tuttavia, nell’ipotesi di utilizzo di un Green pass contraffatto, il reato di truffa sembra non sussistere in quanto, per aversi frode penalmente perseguibile, occorre che l’azione sia finalizzata a procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno. 

Nel caso di specie, colui che acquista una certificazione verde sa benissimo che sta commettendo un illecito. Di conseguenza, l’acquirente non è ingannato dal venditore, in quanto entrambi stanno violando la legge. 

Al massimo, potrà aversi truffa se l’acquirente, credendo di seguire la procedura corretta per l’ottenimento della certificazione verde, agisce in totale buona fede ed è pertanto raggirato dal venditore che gli assicura che il Green pass che riceverà è legale. Ipotesi invero piuttosto difficile da configurarsi.