Come sappiamo, il Reddito di cittadinanza è la misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale.

Si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari associato ad un percorso di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale, di cui i beneficiari sono protagonisti sottoscrivendo un Patto per il lavoro o un Patto per l'inclusione sociale.

Ma come abbiamo già più volte detto proprio su questo tema “Fatta la legge, trovato l’inganno”.

In tutta Italia, nella rete della Guardia di finanza sono finiti imprenditori, cantanti neomelodici, fotografici, camerieri, baristi, soci di Onlus, ma anche delinquenti, spacciatori, mafiosi e defunti. Sul Corriere della Sera, il giornalista Alessio Ribaudo fa un compendio su quanto scoperto dagli investigatori, citando gli episodi più singolari. A Rimini, per esempio, un settantenne si è ‘dimenticato’ di dichiarare le sue proprietà immobiliari e di essere proprietario di un albergo.

Anche ventisei persone, un tempo nomadi, si sono dimenticate di dichiarare possidenze mobiliari e immobiliari o una composizione del nucleo familiare diversa da quella reale e hanno ottenuto 110 mila euro di reddito di cittadinanza. L’ex titolare di un caseificio, si legge ancora sul Corriere, dopo aver ceduto le quote dell’impresa ai familiari, è stato più volte fermato su auto lussuose. Oppure, due coniugi avevano un negozio di abbigliamento, ma la loro partita Iva era chiusa. Un pasticcere ha affittato un appartamento e lo aveva trasformato in laboratorio, ma da giugno incassava però 700 euro al mese come beneficio da reddito di cittadinanza.

Anche in Sardegna la Guardia di Finanza ha smascherato diversi “furbetti”. Questo mese, nove persone sono state denunciate nel sassarese in seguito alle indagini dalle fiamme gialle sulle cosiddette "prestazioni sociali agevolate". È emerso infatti che avrebbero lavorato in nero nonostante percepissero il reddito di cittadinanza.

Su 16 casi analizzati dai finanzieri, ben nove sarebbero quelli irregolari. Le persone denunciate non avevano diritto a percepire il reddito di cittadinanza in quanto lavoravano e ritiravano uno stipendio, ma rigorosamente in nero.

Uno dei denunciati era occupato come operaio edile, un altro lavorava in una discoteca di Alghero, un altro faceva il barista e una la cameriera a Sassari. Alla lista si aggiungono un aiuto pizzaiolo e un lavapiatti in Gallura. Fra i nove "furbetti" anche un ragazzo regolarmente assunto in un bar di Alghero che non aveva comunicato all'Inps di avere trovato un lavoro e quindi continuava a ricevere anche il reddito di cittadinanza.

A Tempio Pausania tre donne non avevano informato l'Inps che i componenti del loro nucleo famigliare avevano trovato lavoro.

Le posizioni irregolari scoperte sono state segnalate all'autorità giudiziaria e all'Inps che dovrà revocare l'assegnazione del sussidio e recuperare somme per oltre 10 mila euro.

LE PENE. Come si legge sul Corriere, “la legge prevede anche la reclusione da due a sei anni per chiunque presenti dichiarazioni false oppure ometta informazioni dovute. È prevista, invece, la reclusione da uno a tre anni nei casi in cui si ometta la comunicazione all’Inps delle variazioni di reddito, del patrimonio o del nucleo familiare, nonché informazioni dovute e rilevanti ai fini della riduzione o revoca del beneficio”.