“Proviamo un immenso dolore per la povera Giulia. Siamo vicini alla sua famiglia, siamo devastati per quello che è accaduto. Ci fa male vederci additare come genitori inadeguati, come una famiglia simbolo del patriarcato. Non lo siamo mai stati, non è quello che abbiamo insegnato a nostro figlio. Anzi, parlavamo spesso in casa di questi temi, soprattutto quando i ragazzi partecipavano agli eventi organizzati dalla scuola... Ora, non sappiamo davvero darci una spiegazione”.

A dirlo, in un'intervista al Corriere della Sera, i genitori di Filippo Turetta, Nicola ed Elisabetta.

Il 22enne è in carcere in Germania per l'omicidio di Giulia Cecchettin, in attesa dell’estradizione verso l’Italia.

“Non siamo talebani – continua il padre -. Non ho mai insegnato a mio figlio a maltrattare le donne. Ho il massimo rispetto di mia moglie e in casa abbiamo sempre condannato apertamente ogni tipo di violenza di genere. Vederci descrivere ora come una famiglia patriarcale ci addolora molto”.

Ieri, martedì 21 novembre, la coppia è entrata nella canonica della chiesa del Sacro Cuore di Gesù per parlare con il parroco don Franco Marin. “Siamo devastati dal dolore. Pensiamo in continuazione a lei (Giulia ndr)”, dice il padre di Filippo.

I genitori fin da subito hanno ammesso di essersi accorti della sofferenza del figlio per la fine della relazione con Giulia: “Sì, soffriva. Ma continuavano a vedersi. I ragazzi a quell’età si lasciano, si mettono assieme. Lui, negli ultimi tempi, sembrava tranquillo. In questi giorni mi hanno detto che dovevo preoccuparmi se quando andava a letto abbracciava l’orsacchiotto pensando a Giulia. Io davvero non ho dato peso a questa cosa. Avrei dovuto?”.

Alla domanda “Perché vostro figlio ha ucciso Giulia? Che idea vi siete fatti?” Nicola Turetta risponde: “Secondo noi, ripeto, gli è scoppiata qualche vena in testa. Non c’è davvero una spiegazione. Parlano di possesso, maschilismo, incapacità di accettare che lei fosse più brava di lui. Non è assolutamente niente di tutto questo. Io sono convinto che qualcosa nel suo cervello non abbia più funzionato”.