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Giovanni Brusca, il killer della strage di Capaci nella quale morì Giovanni Falcone, chiede di nuovo i domiciliari. Per la Procura Nazionale Antimafia quello che fu uno dei principali esponenti di Cosa Nostra oggi “E’ ravveduto”. Brusca rincara: “I pm sono d’accordo con me”. Oggi la prima sezione penale della Corte di cassazione si riunirà per decidere sul ricorso degli avvocati del boss, Antonella Cassandro e Manfredo Fiormonti. Dopo ventitré anni di detenzione il supermafioso accarezza l'idea di tornare a casa.
Il legale contesta che nell’ultimo rifiuto del marzo scorso, il nono dal 2002, il tribunale di sorveglianza di Roma non ha tenuto nella giusta considerazione le valutazioni del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, che dopo i precedenti no ha detto sì all’ipotesi che il pentito sia detenuto a casa.
Per Maria Falcone, sorella del giudice ucciso nel 1992, Brusca è "un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici". "Fermo restando l’assoluto rispetto per le decisioni che prenderà la Cassazione - sottolinea Falcone - voglio ricordare che i magistrati si sono già espressi negativamente due volte sulla richiesta di domiciliari presentata dai legali di Giovanni Brusca. Il tribunale di sorveglianza di Roma, solo ad aprile scorso, negandogli la scarcerazione, ha avanzato pesantissimi dubbi sul suo reale ravvedimento. Mi limito a citare la motivazione del provvedimento in cui il tribunale, testualmente, ha scritto che non si ravvisava in Brusca 'un mutamento profondo e sensibile della personalità tale da indurre un diverso modo di sentire e agire in armonia con i principi accolti dal consorzio civile'".
Fra i tanti delitti di cui venne ritenuto responsabile lo "scannacristiani" (questo il suo soprannome) c'è anche quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il bimbo di 15 anni strangolato e sciolto nell'acido.
Nel libro Ho ucciso Falcone dichiara: "Ho ucciso io Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l'auto bomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e gli uomini della sua scorta. Sono responsabile del sequestro e della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, che aveva tredici anni quando fu rapito e quindici quando fu ammazzato. Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento".