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«Io, Fabiano Antoniani, Dj Fabo, nato a Milano il 9 febbraio 1977, all'età di sette anni, frequento la scuola di musica per imparare a suonare la chitarra. Da bambino spesso suono come primo chitarrista e partecipo a numerosi saggi. Visto il talento, i miei genitori mi costringono a frequentare il Conservatorio di Milano, villa Simonetta, ma a causa del mio comportamento ribelle vengo espulso».
Inizia così il testo autobiografico inedito consegnato all'associazione Luca Coscioni di Fabiano Antoniani, rimasto tetraplegico e cieco in seguito a un incidente e morto lunedì in Svizzera dove era andato per sottoporsi al suicidio assistito.
«Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora».
Dj Fabo ripercorre le tappe principali dei suoi 40 anni: «Da sempre lavoratore, appena diplomato da geometra, inizio a lavorare per svariate aziende. Per otto anni - racconta - lavoro con la mia seconda passione, il moto cross, e mi occupo del reparto commerciale del team supermotard Daverio (durante le competizioni più importanti, mondiale ed italiano) e contemporaneamente lo pratico come sport».
Ma nel 2009, «a causa di un incidente durante una gara, sono costretto ad abbandonare il mondo del motocross». Contemporaneamente, in questi anni, «mi trasferisco, nei periodi estivi, ad Ibiza per un periodo di studi in cui ricomincio a lavorare con la musica più moderna. Forse a causa della magica influenza dell'isola, forse per vocazione - rivela - subito mi rendo conto che il mio unico e vero posto è dietro la consolle! È così che in un momento, ringraziando gli studi di musica del passato, la mia musicalità e le numerose conoscenze di dj set, in poco tempo inizio a suonare un po’ ovunque». L'amore per la musica e la voglia di viaggiare e scoprire altri posti del mondo, spinge Dj Fabo ad una scelta importante.
«Mi licenzio da un contratto a tempo indeterminato a Milano, ma ormai capisco che il mio posto è altrove. Per lavoro, passione e amore negli ultimi anni riesco a dividermi tra l'Italia e Goa, dove lavoro e vivo mantenendomi con la musica, scoperta per caso in uno dei viaggi più indimenticabili della mia vita (India) - racconta ancora - capisco che il mio posto e il mio futuro sarebbero stati in quel Paese. Mi trasferisco per otto mesi l'anno con la mia fidanzata e riconosco finalmente me stesso, dopo aver indossato numerosi abiti che mi andavano stretti». In India «inizio ad avere un nome e successo, mi cercano spesso per suonare nei locali più importanti». Ma purtroppo, in uno dei rientri in Italia, «dopo aver suonato una sera in un locale di Milano, tornando a casa, un rovinoso incidente mi spezza i sogni e la mia vita», racconta ricordando il giorno in cui divenne cieco e tetraplegico. Fabiano Antoniani parla ancora di sé come di un «giovane adulto sempre vivace e vero amante della vita».
«Non riesco a fare a meno degli amici per esserne al centro trascinandoli con me. Generoso forse un po’ insicuro quando si tratta di scelte importanti da fare da solo. Vittima spesso della mia stessa vivacità, facilmente mi annoio, pronto a gettarmi per primo nelle situazioni più disparate. Un trascinatore. Incapace di sopportare il dolore sia fisico che mentale. Preferisco stare solo ora - si legge ancora nel testo autobiografico - che non poter vivere come prima. Vivo oggi a casa di mia madre a Milano con una persona che ci aiuta e la mia fidanzata che passa più tempo possibile con me. Mi portano fuori ma spesso non ne ho voglia. Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita ora. Fermamente deciso - conclude - trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia». Da qui il contatto con l'Associazione Luca Coscioni, «una realtà che difende i diritti civili in ogni fase dell'esistenza dei cittadini. Compreso il diritto sacrosanto di morire. Grazie. Fabiano Antoniani»