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Ogni responsabilità va accertata, fino in fondo. Ma il legame che c'è tra l'incidente mortale di Casal Palocco e l'utilizzo distorto dei social network è già indiscutibile. La professione dello youtuber, spesso accompagnata a un discreto ritorno economico, si associa frequentemente a contenuti rivedibili da diversi punti di vista. Ma ci sono le leggi del mercato e, evidentemente, l'offerta non può che seguire la domanda. Quando però i contenuti diventano pericolosi, non solo pedagogicamente e socialmente parlando ma perché mettono in pericolo la vita delle persone, anche alle leggi del mercato va posto un limite.
Si obietta spesso, e non a torto, che i comportamenti pericolosi c'erano anche prima che arrivassero i social network. Si correva in macchina anche prima, si facevano gare idiote anche prima. Si moriva per incidenti stradali con colpa grave anche prima. Con una differenza sostanziale, però. Fare l'idiota, rischiare la vita e mettere a rischio la vita degli altri non era un mestiere.
Oggi, invece, dietro il comportamento dei ragazzi di Casal Palocco c'è una società che fattura e che guadagna di più se quel comportamento diventa più estremo, più esagerato, più pericoloso. I social network, in questi casi, non sono più solo una vetrina per mostrarsi ma una vetrina per mettere in vendita e far apprezzare comportamenti pericolosi, che possono diventare criminali.
Per questo si pone un problema che va oltre qualsiasi censura etica o moraleggiante rispetto a quello che gli youtuber propongono e quello che il popolo di YouTube consuma. Le sfide possono essere idiote ma innocue, oppure possono diventare reati e, in quanto tali, vanno perseguiti. C'è la legge per questo ma il fatto che si speculi sui comportamenti criminali non può che essere un'aggravante. Nel giudizio sulle imprese di alcuni youtuber e, soprattutto, nelle aule di tribunale.