Il rapporto degli italiani con il digitale è da tempo complicato, scontrandosi con alcune limitazioni nelle infrastrutture ma soprattutto con le ancora inadeguate competenze dei cittadini. Se il 2020 ci ha da un lato obbligati a spostare le attività quotidiane online, dall’altro ha reso più chiari alcuni dei problemi che fanno rimanere indietro l’Italia rispetto agli altri Paesi europei. Sono stati fatti, però, alcuni importanti passi avanti che fanno ben sperare, soprattutto in congiunzione con le risorse del Recovery Fund dedicate alla digitalizzazione. Vediamo allora che cosa è cambiato nel rapporto tra gli italiani e il digitale, dando uno sguardo alle prospettive future.


Progresso nella digitalizzazione durante l’ultimo anno

Siamo ben consapevoli che la pandemia ha portato a un maggiore utilizzo della tecnologia durante le nostre attività quotidiane, spostandone la maggior parte su internet. Anche i più riluttanti hanno infatti dovuto rassegnarsi a usare strumenti come Zoom o Skype per rimanere in contatto con i propri cari, nell’impossibilità di incontrarsi di persona.

Non solo le relazioni sociali, ma anche operazioni bancarie, burocrazia e acquisti si sono trasferiti sulla rete. Molti italiani che non avevano mai utilizzato i corrispondenti servizi digitali hanno dovuto per forza di cose imparare.

Il passaggio massiccio allo smart working ha inoltre evidenziato la capacità di molte aziende di adattarsi e spostare le operazioni in rete, anche quando erano state in precedenza restie ad accordare ai propri dipendenti la possibilità di lavorare da casa. 


Formazione nel campo digitale in crescita

Durante l’anno passato è di certo cresciuta la consapevolezza del potenziale del digitale, con un marcato nuovo interesse per le professioni nel settore. Le scuole superiori a indirizzo informatico sono una scelta popolare e in crescita, formando ragazzi che fin da giovani si rivolgono già alle professioni digitali.

Lo stesso vale per i corsi di formazione professionale in informatica, che offrono al momento buone prospettive di impiego anche senza aver conseguito una laurea. Continua a crescere anche il numero di studenti che vogliono imparare a programmare con aulab, il cui corso di coding ha già superato le 29 edizioni. In soli tre mesi questo programma intensivo insegna il mestiere di programmatore web, uno dei più ricercati sul mercato del lavoro e che di certo rimarrà una scommessa vincente anche nei prossimi anni.

Tra le altre professioni digitali su cui puntare troviamo il data analyst, il designer UX/UI, l’esperto in cybersecurity e il social media manager.


Passi avanti e prospettive future

Il rapporto DESI (Digital Economy and Society Index) del 2020 mostrava uno scenario piuttosto desolante per il Bel Paese. L’Italia era infatti venticinquesima su ventotto Paesi, e addirittura in ultima posizione per quanto riguarda il “capitale umano”, ovvero le competenze digitali dei cittadini.

Sembra però che la pandemia abbia dato al Paese la spinta verso il digitale di cui aveva bisogno, obbligando come già accennato gli italiani a utilizzare la rete quotidianamente. Secondo uno studio del Censis, infatti, quasi nove milioni di cittadini hanno usato i servizi online della pubblica amministrazione per la prima volta, mentre 43 milioni di utenti sono rimasti in contatto con i propri cari virtualmente. 

È auspicabile, dunque, che pur non raggiungendo i picchi di traffico internet del lockdown l’utilizzo della rete da parte degli italiani rimanga a livelli più alti rispetto al pre-pandemia.

Fa ben sperare, infine, che 27 miliardi di euro del Recovery Fund siano destinati alla digitalizzazione, facendone la categoria di spesa più grande. Nello specifico, i fondi saranno destinati a rafforzare le infrastrutture diffondendo la banda larga sull’intero territorio, a modernizzare i servizi digitali della pubblica amministrazione e a incentivare l’innovazione digitale nel settore privato.

Per raggiungere i livelli di digitalizzazione dei Paesi europei più avanzati del settore c’è ancora molto lavoro da fare, ma non è tardi per sperare. Questo importante momento di svolta potrà coincidere con uno scatto in avanti, permettendo all’Italia di non essere più tra i fanalini di coda della digitalizzazione.