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La prima nel novembre del 2020 per la rimozione di un tumore al colon e la seconda a maggio del 2021 per l'insorgenza di metastasi epatiche. Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato operato due volte e ricoverato in day hospital almeno sei volte in due anni.
Alla clinica La Maddalena di Palermo, dove è stato arrestato il 16 gennaio scorso dai Carabinieri del Ros, tornava per le sedute di chemioterapia e portava regali per tutti.
"Era molto generoso, come i pazienti più facoltosi. Spesso regalava bottiglie di olio di Castelvetrano a medici e infermieri" e nessuno poteva immaginare, dicono in corsia, che dietro quell'anziano dal volto scavato dalla malattia si celasse il superlatitante più ricercato d'Italia, ha raccontato sotto shock un camice bianco a La Repubblica.
Il capomafia era conosciuto con il nome di Andrea Bonafede, il geometra 59enne che avrebbe prestato l'identità a Messina Denaro. Interrogato dai carabinieri, il vero Andrea Bonafede, messo alle strette dai militari con la prospettiva di una condanna severa, avrebbe ammesso di conoscere Messina Denaro fin da ragazzo e di aver acquistato con 20 mila euro ricevuti dal boss l'appartamento di vicolo San Vito.
Il giorno dell’arresta “sono arrivato molto presto – ha spiegato un operatore sanitario a La Repubblica - e ho trovato davanti alle porte del reparto un carabiniere con elmetto e pettorina. Ho chiesto come potevo essere utile. Mi ha detto di entrare dentro e non uscire. C'erano carabinieri davanti alle porte di tutti i reparti. Abbiamo capito subito che stavano cercando un pezzo grosso. I miei collaboratori che dovevano prendere servizio alle 8 sono rimasti bloccati fuori dalle porte dell'ospedale, da cui non poteva entrare e uscire nessuno. Sembrava fossimo in assetto da guerra. Quando finalmente ci hanno detto che era stato catturato Matteo Messina Denaro, eravamo increduli e felici".
Alla domanda come sia possibile che nessuno, in due anni, abbia sospettato qualcosa, un altro camice bianco ha risposto: "Penso si sia operato alla faccia, ma in ogni caso è difficile, se non impossibile, riconoscere un latitante da una ricostruzione fotografica. Sul tavolo operatorio, anche i propri familiari sono irriconoscibili".