Nella foto il Monsignore Charamsa con il suo compagno

 

Krzysztof Charamsa, officiale della Congregazione per la dottrina della fede e secondo segretario della Commissione teologica internazionale, polacco e residente da 17 anni a Roma, ha rivelato alla stampa di essere omosessuale e di avere un compagno: il clamoroso coming out ha messo in serio imbarazzo la chiesa alla vigilia del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, dove si dovrà discutere appunto di temi come la pastorale per i cattolici Lgbti (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender).

Inevitabilmente la vicenda è balzata al centro dell'attenzione mediatica internazionale. Immediata la presa di posizione del Vaticano: "Monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano - ha detto padre Federico Lombardi -. La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia del sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l'assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica". 

Le associazioni Lgbti intervengono sulla questione, ribadendo l'importanza e la necessità della Chiesa di cambiare radicalmente le proprie posizioni nei confronti delle persone omosessuali, "raccogliendo la sfida dei tempi" come ha rimarcato Monsignor Charamsa.

"Il coming our di Monsignor Charamsa - sottolinea il presidente nazionale Mario Marco Canale dell'Associazione Nazionale contro la discriminazione da orientamento sessuale, ANDDOS,  con 140.000 iscritti in tutta Italia - è un evento di grande portata, specie per il ruolo chiave del personaggio all’interno del Vaticano in organi quali la Congregazione per la dottrina della fede. Anddos lavora ogni giorno per il benessere delle persone LGBTI e per tutti coloro che credono in una società più libera e inclusiva. Abbiamo il dovere di rappresentare anche chi, tra i nostri oltre 130.000 soci, ha certamente una sensibilità religiosa.

È per questo che invitiamo Papa Francesco e il Sinodo a non perdere l’occasione per rivedere una volta per tutte l’odiosa condanna dell’omosessualità nella catechesi della Chiesa cattolica, che la bolla come una devianza e impone di viverla in castità e abnegazione. La posta in gioco è la possibilità di porre fine alla frustrazione e alle sofferenze di migliaia di persone che ancora oggi vivono una doppia vita di ipocrisie sotto il peso di questa condanna”.