"La queerness familiare è una cosa che esiste e raccontarla è una necessità sempre più politica, con un governo fascista che per le famiglie non riconosce altro modello che il suo". Così, su Instagram, la scrittrice Michela Murgia aggiungendo un altra pagina al diario social nel quale in questi giorni racconta la sua sua malattia e il modo di affrontarla col sostegno della sua queer family.

L'autrice racconta l'usanza sarda di utilizzare i termini "sa sposa / su sposu" anche in riferimento a rapporti che col fidanzamento non hanno nulla a che fare.

"Nella queer family che vivo non c'è nessuno che non si sia sentito rivolgere il termine sposo/sposa in questi anni. Dopo lo sconcerto dei non sardi, ha vinto l'evidenza: l'elezione amorosa va mantenuta primaria, perché nella famiglia cosiddetta tradizionale i sentimenti sono vincolati ai ruoli, mentre nella queer family è esattamente il contrario: i ruoli sono maschere che i sentimenti indossano quando e se servono, altrimenti meglio mai".

"Usare categorie del linguaggio alternative permette inclusione - conclude la scrittrice di Cabras -, supera la performance dei titoli legali, limita dinamiche di possesso, moltiplica le energie amorose e le fa fluire".