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Oggi 21 gennaio, è la Giornata mondiale degli abbracci (National hugging day). L’ha inventata, 36 anni fa, un religioso del Michigan, Stati Uniti, per sintetizzare in un giorno simbolico del nostro calendario degli affetti, il valore e anche i benefici di un atto esistenziale che ha inizio con la vita stessa, nel momento in cui una madre stringe a sé in un abbraccio il suo bambino o bambina appena venuti al mondo.
Un’idea, quella del reverendo Kevin Zaborney, che ha avuto dappertutto immediati effetti virali, forti quanto quel maledetto “coronavirus” che da due anni ci costringe alla rinuncia dell’atto affettivo, spesso catartico, che è quello dell’abbracciarsi l’un l’altro.
Però, nonostante la pandemia di covid-19 sia sempre in agguato, pronta a colpire, non vincerà la guerra contro l’Uomo. Ritorneremo ad abbracciarci come prima, anche se comunque non abbiamo mai smesso di farlo, seppure in modo virtuale, ma non per questo meno intenso.
Ma perché l’ormai famoso Zaborney, noto anche nei social, ha avuto questa formidabile idea?
"Generalmente, gli americani sono un po’ in imbarazzo al momento di mostrare i loro sentimenti in pubblico", ha detto in un’intervista. E invece, deve aver pensato il pastore del Michigan, i sentimenti nobili bisogna renderli pubblici, perché sono valori, perché sono bandiere dell’animo umano che devono coinvolgere, unire.
Già, proprio come la giornata degli abbracci che egli stesso ha voluto, quale simbolo di pace e di amore in cui gli stessi abbracci si identificano.