"Non vedo mia figlia da gennaio, le accuse della mia ex moglie sono tutte calunnie". Sono le parole con cui Omar Favaro, il 40enne che assieme alla fidanzata Erika Di Nardo nel 2001 massacrò con 97 coltellate la madre di lei Susy Cassini e il fratellino Gianluca di 11 anni, si è rivolto ieri mattina ai giudici del tribunale del Riesame di Torino per difendersi dalle accuse mosse dalla sua ex moglie.

La procura di Ivrea aveva chiesto il divieto di avvicinamento per l’uomo perché in passato si sarebbe reso colpevole di maltrattamenti, minacce di morte, abusi fisici e psicologici nei suoi confronti, come denunciato dalla donna. Già una volta la misura era stata richiesta dalla procura, ma il gip di Ivrea non l'aveva applicata, ritenendo che non ci fosse il presupposto di un pericolo attuale: la ex moglie, infatti, era già andata a vivere altrove da un anno.

Il legale di Favaro ha anche fatto presente che dallo scorso gennaio Omar non ha la possibilità di incontrare la figlia nonostante sia stato disposto l'affidamento congiunto con la mediazione degli assistenti sociali e "una consulenza tecnica di ufficio abbia sottolineato che anche lui, come l'ex moglie, sia capace di genitorialità".

La procura di Ivrea, nella richiesta di divieto di avvicinamento, ha fatto riferimento al caso di Novi Ligure. "Ma quel precedente - ha risposto l'avvocato Repetti - non ha nessun rilievo. Sono passati 22 anni, Omar all'epoca era minorenne, il contesto è completamente diverso. Anche il gip, nel respingere la prima richiesta dei pubblici ministeri di Ivrea, si era detto di questo parere. Questa vicenda non ha nulla a che vedere con i fatti di Novi Ligure. Il passato del mio assistito è strumentalizzato dai media".