Dopo 29 anni, si è aperto ieri, giovedì 6 febbraio, presso il Tribunale di Genova il processo per l’omicidio di Nada Cella, la 24enne segretaria brutalmente uccisa il 6 maggio 1996 a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco, dove lavorava. Un caso che per decenni è rimasto irrisolto e che solo nel 2021 ha portato a una svolta grazie a nuove indagini.

Il delitto del 6 maggio 1996

Secondo quanto ricostruito, Nada Cella fu trovata agonizzante nello studio di via Marsala da Marco Soracco, che allertò i soccorsi. La giovane aveva riportato gravi lesioni alla testa e al pube, colpita ripetutamente con un oggetto contundente mai ritrovato. Morì poco dopo in ospedale.

Le indagini dell’epoca non riuscirono a individuare un colpevole e il caso rimase senza soluzione fino a quando, nel 2021, la criminologa Antonella Delfino Pesce e l’avvocata Sabrina Franzone hanno portato alla luce nuovi elementi che hanno riaperto il fascicolo giudiziario.

A processo Annalucia Cecere, accusata di omicidio

Al centro del processo c’è Annalucia Cecere, ex insegnante oggi 56enne, accusata di omicidio volontario aggravato. Secondo l’accusa, la Cecere avrebbe ucciso Nada Cella per gelosia e rancore, vedendo in lei una rivale sia in ambito professionale che sentimentale, per via di un presunto interesse nei confronti di Marco Soracco.

Oltre alla Cecere, sono imputati anche Marco Soracco e sua madre Marisa Bacchioni, accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni. Secondo gli inquirenti, avrebbero ostacolato le indagini fornendo informazioni fuorvianti e reticenze che hanno ritardato l’accertamento della verità.

La prima udienza: “29 anni di omertà”

Alla prima udienza, tenutasi ieri, era presente solo Marco Soracco: “Affronto con serenità il processo, nonostante 29 anni di illazioni”, ha detto.

Assenti invece Annalucia Cecere e Marisa Bacchioni. Nel corso dell’udienza, sono emerse testimonianze sulle difficoltà incontrate nelle indagini iniziali, caratterizzate da omertà e reticenze che hanno rallentato la risoluzione del caso.

Il dibattimento è iniziato con la testimonianza del capo della squadra mobile di Genova durante la riapertura delle indagini nel 2021, Stefano Signoretti, il quale ha evidenziato le sfide incontrate: "Nel corso delle indagini è emersa una cosa molto chiara e cioè la difficoltà, in questo caso direi abnorme, di acquisire le informazioni. Abbiamo incontrato persone reticenti, direi che si è sfiorata l'omertà. Per questo abbiamo intercettato il 99 per cento dei testimoni sentiti".

L'approccio alle nuove indagini è stato completo, trattando il caso "come se l'omicidio fosse avvenuto il giorno prima". La riapertura del caso, dunque, è stata possibile grazie alla determinazione della famiglia (assistita dalle avvocate Sabrina Franzone e Laura Razetto) e della criminologa Antonella Pesce Delfino. Secondo la pm Gabriella Dotto, Cecere era gelosa di Nada e voleva prendere il suo posto, definendo l'omicidio come "di impeto".

Dopo quasi tre decenni, il processo rappresenta un passo fondamentale nella ricerca della verità e della giustizia per Nada Cella e la sua famiglia.