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L’emozione di diventare genitori; la scelta di farlo nella propria casa; la ricerca del personale specializzato. Pensavano di aver provveduto a tutto, persino nei minimi particolari. Parliamo dei protagonisti di questa vicenda: una giovane coppia che ha scelto di accogliere la nascita del loro bambino nella propria casa pensando che fosse la scelta migliore.
I FATTI - L’epilogo delle scelte si è poi rivelato tragico: dopo aver affrontato trenta ore di travaglio, la donna si è recata in ospedale in auto con il marito scoprendo, solo all’arrivo, del decesso del piccolo. La madre, intervistata da TPI, ha spiegato: “Ho denunciato le ostetriche presenti perché storie così non devono ripetersi”. La vicenda accadde il 5 novembre del 2022.
LA DENUCIA - L’avvocato Piero Venturi, che rappresenta i genitori protagonisti della vicenda, ha sporto querela per omicidio colposo, lesioni colpose e falso ideologico in atto pubblico, chiedendo di sospendere in via cautelare dall’esercizio della professione le due ostetriche che hanno seguito il parto.
LA VERSIONE DEI GENITORI – I due raccontano che le ostetriche (una 45enne di Faenza e una 27enne di Rimini) a cui era stato affidato il parto a domicilio, hanno opposto resistenza alle richieste della coppia di andare in ospedale, sopraggiunte durante un travaglio durato quasi due giorni. La donna ripercorre quei terribili momenti e ricorda le frasi delle ostetriche come: “Puoi farcela, noi ci crediamo”, oppure “Ormai è troppo tardi, le colleghe ci darebbero delle incapaci”, o ancora “Cosa credi, che in ospedale soffri meno?”. “La madre, vista l’insistenza delle professioniste a cui era stata affidata la responsabilità di una vita, non ha potuto fare altro che fidarsi”, racconta sempre a TPI l’avvocato, “così ha proseguito il doloroso travaglio in casa per 30 ore, un tempo lunghissimo e ben oltre la consueta soglia”.
“Tutti i tentativi delle ostetriche di avviare il parto attraverso manovre fisiche, scale e sessioni di squat si sono rivelati vani. Così, all’alba del giorno dopo, le due hanno acconsentito alle richieste dei genitori di recarsi in ospedale ma si sono rifiutate di chiamare l’ambulanza, scelta decisamente incongrua, visto che si poteva già toccare la testa del bambino. I due genitori, pertanto, hanno raggiunto l’ospedale in macchina, da soli”.
Inoltre, un altro particolare oscuro è “Diario clinico, che le ostetriche, per dimenticanza, non hanno prontamente consegnato all’ospedale come da prassi, compilandone un altro in un secondo momento, dichiarando il falso su elementi macroscopici. L’orario di inizio dilatazione, ad esempio, sul documento è posticipato di sette ore”.
«Noi siamo determinati a far luce sulle circostanze poco chiare attorno a questa drammatica vicenda», continua l’avvocato, «l’ipotesi è che la causa del decesso del bambino sia direttamente riconducibile al procrastinare delle ostetriche che hanno bloccato il bambino nel condotto uterino troppo a lungo, e che un intervento tempestivo, unito all’aver intercettato in tempo i segnali di allarme, avrebbe cambiato le sorti di questa famiglia».
L’ATTIVITÀ SUI SOCIAL DELLE OSTRETICHE – “Il giorno dopo la morte di nostro figlio, una delle due ha ripreso indisturbata la sua attività sui suoi canali social. Gli stessi su cui aveva pubblicato le foto del mio travaglio senza il mio consenso, mentre io e mio figlio ci trovavamo tra la vita e la morte. Materiale accuratamente rimosso, appena ha saputo che mio figlio, a tutto questo, non è sopravvissuto”, racconta la madre del bambino a TPI.
“Vogliamo far luce sull’accaduto, abbiamo il diritto di sapere perché nostro figlio è morto, e vogliamo che il dolore che ci portiamo addosso non debba pesare sui corpi di altri genitori. Intendiamo andare avanti in questa battaglia per la verità, farci portavoce di altre vittime e diffondere consapevolezza sugli operati di alcune ostetriche, affinché storie come queste non si ripetano mai più. Affinché il nostro dolore possa salvare almeno una vita” conclude la donna.