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Sedici imputati per la presunta maxi truffa da 20 milioni di euro sul reddito di cittadinanza, scoperta dalla Procura di Milano con una serie di arresti a novembre, puntano a patteggiare pene che vanno da 1 anno e 10 mesi a 3 anni e 4 mesi.
L'udienza preliminare, dopo l'inchiesta del Pm Paolo Storari e della Gdf di Cremona e Novara, si è aperta oggi davanti al Gup Lidia Castellucci. Un diciassettesimo imputato deciderà che strada percorrere nella prossima udienza del 29 aprile, quando il giudice si esprimerà sui patteggiamenti.
Lo scorso 11 novembre, 16 persone, quasi tutte originarie della Romania oltre a un italiano e un egiziano, erano state arrestate in diverse regioni con le accuse, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata ed estorsione.
Se non fossero finiti in cella, come era venuto a galla dagli atti, avrebbero sottratto alle casse dello Stato circa 80 milioni di euro a fronte di circa 10 mila domande di reddito di cittadinanza ed emergenza "falsificate" e presentate per conto di altrettanti romeni con un piano che aveva consentito di insinuarsi "nelle pieghe di un articolato sistema burocratico, approfittando delle lacune esistenti e dei ritardi nei controlli".
La montagna di soldi illeciti intascati era anche esibita come trofeo da una delle donne, finita in carcere, che aveva postato su Tik Tok almeno tre video in cui sventolava e contava pile di banconote. La presunta maxi truffa ruotava attorno alla Nova Servizi, società con sede in centro a Milano e che operava in convenzione con il Patronato Sias e con il Caf Mcl (Movimento Cristiano Lavoratori).
A metà marzo in una seconda tranche di indagini sono state arrestate altre sei persone, tra cui un'ex dipendente della Nova Servizi.