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Sassari, 23 giugno 2002: Monica Moretti, giovane urologa sassarese di 38 anni, viene trovata morta nella sua abitazione di via Amendola, in un bagno di sangue. Bastano poche ore per risalire al responsabile del brutale assassinio, incastrato dalla sua voce registrata nella segreteria telefonica della vittima. È il 31enne Raimondo Gaspa, disoccupato e in procinto di separarsi con la moglie. Da ormai due mesi Gaspa perseguitava anonimamente la dottoressa di cui era stato paziente nel periodo del suo ricovero in Urologia. Lei, che non aveva dato un volto all’uomo dietro il telefono, non aveva potuto far altro che respingerlo. Un rifiuto che il malintenzionato non è riuscito a digerire, portando a termine la sua opera persecutrice con l’efferato omicidio della 38enne, rimasta esanime sul pavimento dopo essere stata presa a pugni, strangolata e aver ricevuto 51 coltellate, trovata col coltello ancora conficcato in gola.
LA VICENDA. “La chiamavo, ma non voleva saperne di me. E allora ho deciso di andare a casa sua”, confesserà Moretti circa 48 ore dopo l’episodio. Tentò invano di nascondere le tracce, dando fuoco all’appartamento e portando via l’apparecchio telefonico. Tutto inutile: alla fine gli investigatori, raccolte indizi sempre più schiaccianti concentrarono le attenzioni sul giovane. Un assassinio premeditato, maturato dalla frustrazione del rifiuto, che proprio non poteva accettare. Così la mattina del delitto entrò nel palazzo in cui viveva l’urologa, staccò il contatore della luce e quando quest’ultima aprì la porta del suo appartamento per capire cosa fosse successo, questi entrò di soppiatto. Inutili i tentativi di lei di farlo desistere dal consumare il reato, la furia omicida di Raimondo Gaspa la travolse, lasciandola senza scampo. Categorica la prima sentenza, nel 2004: ergastolo. L’anno dopo, però, la Cassazione decise di ridurre la pena a 30 anni, con l’omicida che sarebbe dovuto uscire di galera nel 2032.
RABBIA E DOLORE. Negli anni successivi Debora Moretti, sorella della vittima, non ha mai nascosto la sua amarezza: “Quell’uomo ci ha uccisi tutti. Ci ha portato via Monica e ha condannato noi a vivere con il peso dell’assenza”, aveva commentato. Un urlo di dolore che è stato soffocato ulteriormente lo scorso 21 aprile, quando l’assassino di Monica Moretti è tornato in libertà con largo anticipo rispetto a quanto stabilito, otto anni prima di quella che sarebbe dovuta essere la data di scarcerazione. Una pena ritenuta forse sufficiente al fine di “rieducare” il detenuto, che gli investigatori in fase processuale e di indagine non avevano però mancato di definire “diabolico” per la freddezza con cui aveva agito. Proprio la sorella, in occasione della scarcerazione di Gaspa non aveva mancato di esternare la sua rabbia per “uno Stato che fa finta di tutelarci e invece di abbandona”.
LA SCARCERAZIONE. Ventidue anni dopo, così, l’oggi 52enne è tornato libero, ma il suo impulso criminale non si è fatto attendere, riportando il malvivente in quello stesso circolo vizioso che lo aveva condotto all’assassinio del giugno 2002. Il modus operandi è sempre lo stesso: chiamate ripetute e molestie al telefono, proposte a sfondo sessuale e persecuzioni che hanno costretto la vittima, stavolta una 20enne che aveva conosciuto nel periodo di detenzione perché fidanzata di un altro detenuto, a cambiare residenza. Il giorno stesso della sua scarcerazione da Rebibbia sarebbe iniziato il “processo” di persecuzione dello stalker. Così, i primi giorni di maggio, la giovane si è decisa a denunciare tutto ai carabinieri, che hanno immediatamente avviato le indagini. Quindi l’arresto per stalking da parte dei militari della Stazione di Roma Montespaccato. Nell’ordinanza del gip, che ha disposto la custodia cautelare in carcere, si legge: “L’uomo risulta ad oggi attinto da un irrefrenabile impulso criminale che lo ha portato a riprodurre, a poche ora dalla sua scarcerazione per l’omicidio volontario della donna di cui si era invaghito nel 2022, gravi condotte illecite, ponendo in essere comportamenti criminosi che denotano una vera e propria serialità”.
INTRECCI. Il copione, stavolta, si è interrotto bruscamente a metà, dopo che la vittima ha trovato la forza di chiedere aiuto, avendo dalla sua la possibilità di fornire le generalità dello stalker. Un intreccio, quello delle due vicende, che rafforza le parole di Debora Moretti e che, in un certo senso, “rimette le cose al loro posto”, ovvero il maniacale assassino dove merita di stare a lungo, dietro le sbarre, stavolta del Regina Coeli. E per quanto diabolica possa essere la mente criminale, la speranza è che la giustizia possa fare il suo corso, reagendo in maniera esemplare e ponendo rimedio a delle scelte che, col senno di poi, avrebbero potuto allungare una scia di sangue iniziata 22 anni fa, quella mattina del 23 giugno 2002.