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Dopo Federico “Mario” Carboni, primo in Italia ad essere autorizzato al suicidio medicalmente assistito e deceduto il 16 giugno scorso a Senigallia (Ancona), ora anche “Antonio”, 44enne tetraplegico del Fermano potrà accedere alla procedura con auto-somministrazione di un farmaco letale, il Tiopentone Sodico.
Arrivano entrambi dalle Marche i primi due casi italiani di 'applicazione' della sentenza costituzionale "Cappato-Antoniani (DjFabo)" per il suicidio medicalmente assistito. A circa due anni dall'inizio della sua battaglia legale, affiancato dall'Associazione Luca Coscioni, 'Antonio' ha ottenuto il parere della Commissione di esperti dell'Azienda sanitaria unica regionale anche per il farmaco da utilizzare e per le modalità di auto-somministrazione. Ora il 44enne è "libero di scegliere se e quando procedere".
"Stavo per riprendere i contatti con la struttura Svizzera che avevo contattato prima di questo percorso - ha commentato Antonio dopo la notizia del via libera per il farmaco - ma oggi, alla notizia della conferma del farmaco e delle modalità che potrò seguire, sono felice di poter avere vicino i miei cari qui con me, a casa mia fino all'ultimo momento. Inizio ora a predisporre ogni cosa al fine di procedere in tempi brevi con il suicidio assistito".
Il farmaco e le modalità per portare a termine il suicidio medicalmente assistito, erano gli ultimi due 'nodi' da sciogliere dopo la relazione medica inviata al Comitato Etico regionale e il parere. Da 8 anni, dal 14 giugno 2014 a seguito di un incidente in moto avvenuto in Sicilia, Antonio, ex operaio specializzato, appassionato di musica rock, di motori e di snowboard, vive la condizione di tetraplegico.
Dopo la prima istanza legale, circa due anni fa, il Tribunale di Fermo aveva riconosciuto che l'Asur ne dovesse verificare le condizioni mediche; poi era stato ritenuto 'idoneo' al suicidio assistito, a differenza di Elena, 69enne veneta, malata oncologica accompagnata a Basilea da Marco Cappato (tesoriere Associazione Coscioni) perché non era compatibile con i quattro requisiti richiesti dalla sentenza Costituzionale (n.242 del 2019) per la non punibilità del reato di istigazione al suicidio (proposito di suicidio, piena capacità di autodeterminarsi, patologia irreversibile che produce sofferenze e dipendenza da trattamenti di sostegno vitale).
Nonostante ciò, l'iter per Antonio era rimasto in stallo per diversi mesi, tanto da indurlo a valutare nuovamente il trasferimento in Svizzera per porre fine alle proprie sofferenze. Il parere sul farmaco ha sbloccato la procedura e Antonio potrà programmarlo. Non era stato così per Fabio Ridolfi, 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino), appassionato di rock e tifoso della Roma, terzo caso nelle Marche, anche lui bloccato a letto da 18 anni per una tetraparesi dovuta a emorragia cerebrale: per Fabio, che comunicava solo mediante un lettore ottico, il parere completo non era mai arrivato; dopo una lunga querelle giudiziaria, affiancato dall'Associazione Coscioni, di fronte allo spettro di altre pastoie burocratiche e tempi ancora più lunghi, aveva deciso di revocare il consenso alla nutrizione e alla idratazione artificiali ed era deceduto il 13 giugno poche ore dopo l'avvio della sedazione profonda.
La parola 'fine' alla vicenda giudiziaria di "Antonio", tra istanze e diffide, lascia comunque l'amaro in bocca all'Associazione Coscioni. "Ci sono voluti quasi due anni affinché questo suo diritto venisse rispettato. - ricorda l'avv. Filomena Gallo - Un tempo lunghissimo per persone che si trovano in condizioni di estrema sofferenza e che, purtroppo, molti malati, non hanno. Per questo come Associazione Luca Coscioni continueremo a batterci affinché venga eliminata ogni discriminazione per le persone malate nell'accesso al suicidio medicalmente assistito".