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Dalla collinetta che domina Capaci, il 23 maggio 1992, Giovanni Brusca scatenò l'inferno sull'autostrada.
La carica di esplosivo preparata dall'artificiere Pietro Rampulla e piazzata sotto un tunnel fa volare l'auto del giudice Giovanni Falcone, stritolato assieme a tre agenti della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. La moglie Francesca Morvillo, magistrato, morirà poco dopo in ospedale. L'autista Giuseppe Costanza stava sul sedile posteriore e si salva per questo.
Trent'anni fa l’attentato che uno degli esecutori, Gioacchino La Barbera, chiamerà "l'attentatuni", che ha chiuso i conti con l'uomo che impersona il simbolo della lotta a Cosa nostra. Le sue inchieste sulla struttura militare e verticistica sella mafia e sui boss hanno cambiato la storia, con l'apporto di decine di collaboratori, come Tommaso Buscetta.
Con Paolo Borsellino e gli altri componenti del pool di Antonino Caponnetto, Giovanni Falcone aveva istruito il maxiprocesso e mandato a giudizio un esercito di 474 imputati. Fu la risposta più forte ed emblematica che lo Stato potesse mettere in campo., e che Cosa nostra non mandò giù.
57 giorni dopo, la stessa sorte di Falcone toccherà a Borsellino.