PHOTO
Quattro anni in una casa che avrebbe dovuto essere solo un passaggio temporaneo, poi il distacco improvviso. La storia di Luca (nome di fantasia) è quella di un bambino arrivato in affido-ponte a soli 30 giorni di vita e che, lo scorso gennaio, il Tribunale per i Minorenni di Milano ha assegnato in affido pre-adottivo a un’altra famiglia.
Il trasferimento improvviso
Il distacco è avvenuto in modo repentino: il 3 marzo, dopo una sola visita di due ore con i nuovi genitori adottivi, Luca ha ricevuto la notizia del trasferimento mentre si trovava da solo con due assistenti sociali che non aveva mai visto prima. Il giorno successivo, è stato portato via dalla casa in cui era cresciuto. “Una cosa folle, che in tanti anni di carriera non mi era mai capitata”, denuncia l’avvocato Sara Cuniberti, che assiste la coppia affidataria.
Una famiglia temporanea, diventata casa
I due affidatari, genitori naturali di tre figli ormai adulti, da dieci anni accolgono minori in affido-ponte. Così è stato anche per Luca, arrivato in Lombardia ancora in fasce e destinato a restare solo pochi mesi. Il tempo, però, ha cambiato le cose: Luca è cresciuto in quella casa, ha frequentato lo stesso asilo, ha trovato fratelli e affetti. Per lui, quella era l’unica famiglia che avesse mai conosciuto.
Quando nei mesi scorsi il giudice ha chiesto alla coppia se fosse disponibile ad adottare il bambino, la risposta è stata affermativa. Ma a gennaio è arrivata la decisione del tribunale: Luca era adottabile, ma da un’altra famiglia.
Il ricorso e l’ultima speranza
Il 10 febbraio, i genitori affidatari hanno presentato un ricorso d’urgenza per ottenere l’adozione in casi particolari. Tuttavia, alla prima udienza, il 3 marzo, hanno ricevuto una notizia che li ha colti di sorpresa: una serie di chiamate senza risposta da parte dell’assistente sociale, che li avvertiva che il mattino seguente Luca avrebbe conosciuto la nuova coppia e che, il giorno dopo, sarebbe stato trasferito definitivamente. Da allora, di lui non hanno più avuto notizie.
“La nostra battaglia non è per trattenere Luca a tutti i costi, ma per il rispetto delle regole”, sottolinea Cuniberti. “L’affido-ponte deve durare al massimo un anno, altrimenti diventa un legame profondo, e interromperlo può essere un trauma per il bambino. Le istituzioni dovrebbero garantirne l’applicazione corretta”.
Una petizione per "salvare Luca"
Nel frattempo, la coppia ha lanciato una petizione online che ha già raccolto quasi 8.000 firme. “Allontanarlo da chi lo ha amato e protetto significa infliggergli uno strappo gravissimo e irreparabile, un trauma oggi che potrebbe diventare una bomba inesplosa nell’adulto di domani”, scrivono i due affidatari.
Ora la speranza è che il ricorso venga esaminato rapidamente e che il tribunale riconsideri la propria decisione, permettendo a Luca di tornare a casa. Perché, per lui, quella casa è ancora la sua famiglia.