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"Nessun allarme" per i casi di tubercolosi (Tbc) tra i profughi giunti in Italia dall'Ucraina, anche se al momento "si registrano alcune segnalazioni in Puglia ed Emilia Romagna"
Lo sottolinea all'Ansa il presidente della Federazione italiana delle aziende sanitarie ed ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, sottolineando che gli ospedali sono allertati e pronti a rispondere.
"In particolare, rileva Fiaso riferendosi alla rete degli ospedali sentinella, all'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, sono ricoverati tre pazienti, una mamma 21enne e i due bambini di 2 e 3 anni, risultati positivi, oltre che al Covid, alla tubercolosi".
Il principale sintomo dell'infezione da tubercolosi è una tosse persistente. I medici del reparto di Malattie infettive stanno somministrando loro una terapia a base di 5 farmaci contro un batterio che risulta essere particolarmente resistente e aggressivo. I tre sono ricoverati da una settimana. In Emilia Romagna invece, all'ospedale Sant'Orsola di Bologna, sono almeno due i casi di pazienti risultati positivi al test di Mantoux transitati attraverso il Pronto soccorso. Alla luce dell'inserimento dell'Ucraina tra i paesi ad elevata endemia di Tubercolosi da parte dell'Oms, l'Istituto Spallanzani di Roma ha inoltre attivato un ambulatorio dedicato alla sorveglianza per la Tubercolosi dei migranti.
"Per fortuna, almeno per ora - afferma Migliore - non c'è una situazione di emergenza. Ci sono dei casi segnalati di Tbc ma si stanno gestendo. Va detto che tutti i cittadini ucraini che arrivano in Italia vengono sottoposti a screening e accertamenti e vengono loro offerte varie vaccinazioni, soprattutto nel caso dei bambini dal momento che varie vaccinazioni obbligatorie in Italia non lo sono nel loro Paese".
La Tbc, spiega, "è una malattia che in condizioni di promiscuità e in certe condizioni di igiene ambientale può determinare dei casi, ed è evidente che aumentando il numero dei profughi in Italia potranno aumentare i casi segnalati . Al momento non c'è però alcun allarme e le aziende sanitarie sono attrezzate".
Nel nostro Paese, conclude, "si tratta di una patologia per cui non è prevista la vaccinazione obbligatoria e che osserviamo in modo sporadico, anche se continua ad essere presente".