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Un post pubblicato sulla pagina Instagram ufficiale dalla Polizia di Stato che probabilmente, nelle intenzioni, voleva esprime supporto alle vittime di molestie e aggressioni, ma che ha sortito l'effetto esattamente opposto e si è invece trasformato in un 'muro del pianto', e della rabbia.
"Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima”, sono le parole estrapolate da una poesia di Cristina Torres Caceres e condivise prima da Elena, la sorella di Giulia e poi dall'account Ig della Polizia, accompagnate dalla frase "Ricordate, se #questononèamore non siete sole. Insieme per l’eliminazione della violenza di genere".
Una vicinanza, quella condivisa dalle Forze dell'Ordine, che ha scatenato l'indignazione di centinaia di donne, aprendo il vaso di Pandora dei casi in cui, secondo le accuse riportate nei loro commenti, gli operatori non avrebbero creduto a chi segnalava abusi, come vittima o testimone.
Migliaia di testimonianze hanno subissato di critiche il post, riportando storie che delineano una realtà ben diversa da quella raccontata nelle istituzioni, e che fa luce su un'altra grande questione legata alla violenza di genere: la mancanza, talvolta, di tutela da parte degli organi preposti.
“Torna quando ti avranno stuprata. Così mi avete detto quando sono venuta a denunciare”, si legge. “Signorina, ma è normale litigare” e ancora “È riuscito a violentarti? No, allora non possiamo farci niente”.
Un'utente ha raccontato: "Mi hanno minacciata di morte. Vi ho portato gli screen. Nomi e cognomi. Non avete preso la denuncia neanche in quel caso. Un altro stalker è riuscito ad avere il numero di mio nonno, della madre del mio fratellastro, a risalire alla mia vecchia scuola elementare per chiedere dove abitassi. E quando la cosa è stata denunciata, avete detto che vi sembrava innocuo. E ANCORA UNA VOLTA NON È SUCCESSO NULLA".
Poi: "Quando sono stata trascinata in un parcheggio di forza e sono venuta a denunciare mi avete apostrofato come 'quella a cui hanno dato un boffetto sul sedere'. Mi avevano trascinato di peso in un parcheggio. Mi avete chiesto com'ero vestita. Avete tentato di dare la colpa a un centro sociale poco distante per avere una scusa per chiuderlo. Siete il motivo per cui quando sono stata stuprata non sono andata a denunciare".
Infine, un altro tragico epilogo: "'Non siete sole’. Peccato però che, nonostante le numerose denunce fatte, mia cugina sia finita ad arricchire la tristissima e dolorosa statistica dei femminicidi del 2016. Non aggiungo altro".
“Perché anziché condividere queste frasi inutili non cominciate a formare il vostro personale per poter far fronte a queste situazioni?”; “Siete parte sistemica del problema”; “Ma se siete i primi a non crederci quando veniamo a denunciare? Se davvero volessimo distruggere tutto sareste i primi a venire a prenderci coi manganelli”. È questo quanto le donne che hanno deciso di esporsi sul noto social chiedono alle Forze dell'ordine, che le parole non restino tali, anche in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne e dopo l'ennesima vita stroncata.