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Li chiamano senza fissa dimora, senzatetto oppure utilizzando il termine francese clochard o l’inglese homeless. Non hanno una casa, vivono ai margini della società, senza una famiglia che può aiutarli. Sono invisibili, ma solo alla vista di chi è troppo indaffarato per poterli vedere, per poter riconoscere quegli occhi persi chissà dove e quegli sguardi afflitti di chi sente gravare su di sé il peso di una voragine aperta sull’anima e stenta a trovare i mezzi o la forza per venirne fuori.
“Da un giorno all’altro mi sono ritrovata in mezzo a una strada tra uomini e donne senza fissa dimora che mi hanno accolto con amicizia. Andavamo a pranzare nelle chiese gestite dai frati e solo una volta alla settimana potevamo farci una doccia”.
Con queste parole, Lucia Troilo, 50enne milanese, inizia a raccontarci la sua esperienza da clochard. Ma ancora prima di diventare una senzatetto la vita non è stata gentile con lei: “Avevo un padre padrone, violenza e maltrattamenti erano all’ordine del giorno. Mi sono sposata molto giovane solo per sfuggire all’orrore che regnava in casa. Fu una scelta infelice perché mi separai da mio marito subito dopo la nascita di nostra figlia Raffaella ”.
In seguito Lucia incontra un altro uomo con il quale spera di ricominciare e di conquistare quella felicità alla quale aspira, ma anche questa volta, la relazione finisce e lei perde tutto: “Mi separai anche dal papà di Salem e iniziò il mio calvario, persi entrambi i miei figli di sei e tre anni. La più grande, Raffaella, venne affidata a una comunità protetta, Salem, il più piccolo, è invece cresciuto in Tunisia con la nonna”.
A volte sembra che il destino si accanisca su alcune persone imperversando con costante crudeltà e non importa se la vittima dimostra una buona dose di resilienza: “No mi sono mai arresa, anche quando era davvero difficile non farlo, dovevo riuscire a rivedere i miei figli a tutti costi”.
“Vivere per strada è terribile - continua Lucia - per una donna lo è ancora di più. Diventi invisibile per tutti, hai fame, sei stanco e persino andare in bagno diventa un problema perché in alcuni bar se non hai i soldi per una piccola consumazione non puoi nemmeno usare i servizi. Ho sempre avuto paura perché la strada nasconde molti pericoli, ma non dovevo soccombere, era assolutamente necessario rinascere! Iniziai a fare dei piccoli lavoretti, la sera andavo a pulire un panificio e una palestra e mettevo da parte ogni centesimo. Il martedì pomeriggio facevo visita a mia figlia Raffaella in comunità, dovevo dimostrare al giudice di essere una buona madre - ci racconta ancora con un tono di voce che lascia trapelare tutta la sua determinazione – il mio incubo durò 4 interminabili anni”.
Ma il coraggio e la forza di Lucia le hanno permesso di scegliere per la sua vita e l’ha fatto!
“Con i miei risparmi e anche grazie all’aiuto della mia avvocatessa sono riuscita a prendere una casa in affitto e a ricominciare. Ho finalmente portato Raffaella a vivere con me –afferma con orgoglio – ancora oggi mi sento privilegiata a dormire nel mio letto”.
È proprio da questa rinascita che nasce l’associazione ‘Angeli della strada’ con sede a Varedo, in provincia di Monza e Brianza. Sono circa 30 i volontari che ogni giorno si adoperano per aiutare chi soffre: “Solo chi ha avuto l’esperienza di vivere senza avere una casa dove tornare, la possibilità di mangiare quando ha fame o di fare una doccia quando lo desidera, sa cosa provano i senzatetto. La voglia di aiutare gli altri è sempre stata insita in me e con la sofferenza è diventata sempre più forte. Sono tornata su quelle panchine dove trascorrevo le mie giornate e, insieme agli amici dell’associazione “Angeli della strada”, adesso aiuto chi vive senza una fissa dimora donando loro cibo, vestiti e prodotti per potersi lavare. Porto il mio sostegno agli ex detenuti che meritano una seconda opportunità e a tutte alle famiglie in difficoltà. Facciamo in modo che non perdano mai la speranza”.
Si emoziona quando ci rivela che accanto a lei ci sono anche sua figlia Raffaella e suo figlio Salem. Raffaella che oggi ha 25 anni è presidente dell’associazione e si occupa di minori e donne maltrattate. Salem ha 22 anni ed è al fianco di sua madre in un’impresa diventata ormai una vera e propria ragione di vita.
“Io non dimentico nulla perché ogni istante della mia vita da clochard mi ha dato molto. Per me la strada è tutto, lì ho capito molte cose e ho conosciuto realtà davvero drammatiche, continuerò a battermi per la mia gente, resterò sempre al fianco dei deboli perché nessuno può capirli meglio di me”.