Doddore Meloni, nato a Ittiri il 4 maggio 1943, è morto a Cagliari il 5 luglio 2017, a 74 anni. Era ricoverato all'Ospedale Santissima Trinità dopo che le sue condizioni di salute erano andate via via peggiorando a seguito di uno sciopero della fame e della sete durato 47 giorni.

Ad aprile 2017, l'indipendentista sardo era stato arrestato con l'accusa di aver violato i sigilli apposti all'Isola di Mal di Ventre dalla Guardia Forestale su disposizione della magistratura, dopo che lo stesso Meloni nel 2008 aveva proclamato nel 2008 la Repubblica indipendente di Malu Entu.

Le sue condizioni di salute avevano preoccupato anche esponenti politici nazionali come Mario Borghezio della Lega Nord, che pochi giorni fa aveva chiesto un intervento al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministero della Giustizia Andrea Orlando. 

Meloni era in coma da due giorni, poi la morte.

IL MESSAGGIO DELLA FIGLIA Tiziana Meloni Lilliu, con un post su Facebook ricorda così il padre: “4 lunghissimi anni ti hanno portato via da qui ... Dalla dimensione terrestre... E oggi mentre passeggiavo immersa nella magia dell'acquario ti ho sentito accanto a me papà ... Manchi, manchi immensamente e la vita avrebbe un altro senso se tu fossi ancora qui. Ti voglio bene, la tua bambina”.

IL RICORDO DI FRANCESCO CASULA Nel giorno dell’anniversario della morte di Doddore Meloni, vogliamo riportare le parole del giornalista, storico e scrittore di Ollolai Francesco Casula, a noi rilasciate il 7 luglio 2017:

Doddore Meloni mi piace ricordarlo così:

Coriaceo.

Irremovibile al limite della testardaggine.

Convinto e deciso fino alla sfrontatezza.

Ma soprattutto coerente. Da sempre. E comunque da almeno 40 anni: dalla fine degli anni ’70. Quando ai Congressi sardisti di Oristano e Porto Torres, con la sua presenza chiassosa e la sua attiva partecipazione, contribuì a spingere il Psd’Az verso l’opzione indipendentista.

I nove anni di carcere – condannato perché coinvolto nel fantomatico “Complotto separatista” – non lo annienteranno. Anzi, rinfocoleranno la sua scelta indipendentista. Così come le successive condanne, le denunce plurime e i processi: in cui si difenderà con forza, in lingua sarda.

Fino ad arrivare all’occupazione dell’Isola di Malu Entu: che proclamerà Repubblica indipendente, con tanto di Presidente – lui stesso – e relativi Ministri.

Una Rodomontata? Un coup de théâtre? Una geniale trovata comunicativa, per legittimarsi come leader e per divulgare e circuitare, a livello popolare e di massa, il suo messaggio indipendentista? Forse. Forse tutto questo insieme. Ma anche altro. Amo pensare che, in qualche modo, quella scelta avesse un valore prefigurante “altro”. Vale a dire: oi sa Republica de Malu Entu, un’isola pitica. E poita cras non podeus fai Republica indipendenti un’Isula prus manna, sa Sardigna intrea?

Perché Meloni era questo: poca teoria ma molta pratica. Con scelte clamorose. Che potevano anche suscitare l’ironia e lo sberleffo (degli avversari ma, talvolta anche degli amici indipendentisti) ma che andavano dritte nel cuore di molti sardi, scuotendoli, inquietandoli. E persino conquistandoli alla causa

Poca teoria – sul Sardo – per esempio: ma pratica dell’obiettivo. Lo parlava sempre: anche nei processi. Ibridato di lacerti in italiano. A significare che questa lingua era ancillare. Quando in genere si fa il contrario. E ancillare – e dunque meno importante – risulta il sardo.

Il 5 giugno si è lasciato morire. Dopo due mesi di sciopero della fame. Dopo che uno Stato, quello italiano, ingiusto e crudele, lo ha assassinato. Dopo avergli negato gli arresti domiciliari. Che non si negano – per motivi di età e di salute – neppure al peggior terrorista, mafioso, assassino.

Uno Stato che ancora una volta si è mostrato con il volto di sempre, nei confronti della Sardegna e dei Sardi: ostile e nemico. Contro cui Meloni ha sempre combattuto.

Gli amici e i suoi sostenitori – e con molte ragioni – lo ricorderanno e lo considereranno un martire, un patriota un eroe.

Da parte mia voglio ricordarlo come uno “irragionevole”. Ma di quella irragionevolezza di cui parlava un caustico esponente della cultura europea del primo Novecento, George Bernard Shaw, quando affermava che l’uomo ragionevole si adatta al mondo, l’uomo irragionevole vorrebbe adattare il mondo a sé stesso: per questo ogni progresso dipende dagli uomini irragionevoli.

Mi piace concludere citando quest’ottava dedicatagli dal poeta sardo Peppe Montesu de Orune:

"Sandalione in coro tenias

Libera e unida l’as sognada

Dae una cella s’ultima mirada