Erano le 19,30 del 24 giugno 1978 quando a Macomer venne sequestrato dall’Anonima Sequestri il piccolo Luca Locci, di appena 7 anni.

La famiglia Locci aveva trascorso la giornata al mare a Bosa, per poi rientrare a casa alla sera. La madre del piccolo, Paola, era appena salita a casa quando Luca, attardatosi con degli amichetti fuori da casa, venne rapito dai banditi.

Una volta resasi conto dell’accaduto, la madre diede l’allarme. Nessuno si era accorto o aveva visto nulla. L’intero paese, quella sera, era impegnato a seguire davanti alla tv la finale per il terzo e quarto posto della Coppa del Mondo in Messico fra Italia e Brasile.

Il papà di Luca, Franco, concessionario della Fiat e pilota automobilistico, quel giorno era lontano da casa perché impegnato in una gara a Macerata.

Quello di Luca Locci fu il secondo sequestro di un bambino in quell’anno. Ad aprile, infatti, l’undicenne Mauro Carassale, figlio di un commerciante di Olbia, fu rapito a Portisco.

Il piccolo Luca rimase nelle mani dei banditi per 93 giorni. Si seppe dopo che il nascondiglio era una capanna dove il bimbo veniva tenuto legato ed incappucciato. Venne rilasciato il 25 settembre del 1978 nelle campagne di Lula dopo il pagamento di un riscatto di 300 milioni di lire.

Il fatto venne seguito con apprensione dall’intera opinione pubblica nazionale che rimase col fiato sospeso assieme alla famiglia fino al giorno del rilascio.

"Ho ancora nitidi i ricordi di quei giorni – ha raccontato Luca Locci, di recente ospite della trasmissione I fatti vostri, condotta da Giancarlo Magalli su Rai Due – un’esperienza che ha segnato me e la mia famiglia per tutta la vita''. 

“Avevo sempre un cappuccio in testa che mi levavano per mangiare – ancora Locci in un’intervista a L’Unione Sarda – però loro erano sempre dietro e mi dicevano di non girarmi, perché se li avessi visti in faccia mi dovevano ammazzare. Mi davano da mangiare pane e Nutella. Dormivo all’aperto, sotto le stelle dentro un sacco a pelo adagiato in terra. Avevo sempre la armi puntate, la canna del mitra anche quando mangiavo per evitare che mi girassi. Avevo paura, la parte peggiore è stata il primo periodo, poi uno si abitua talmente a tutto che diventa normale anche il mitra. Uno di loro era un cane, non mi cambiava neanche l’acqua”.

Per il sequestro vennero condannati in secondo grado a il pastore 34enne Gonario Biscu, di Oliena a 23 anni, il macellaio 38enne di Sarule Salvatore Cadeddu a 22 anni, il pastore di Orune Biagio Monni a 28 anni e il pastore 29enne Pietro Serra, sempre di Orune, a 20 anni.