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Alla fine la Corte costituzionale ha dato ragione alla Sardegna sul ricorso sugli accantonamenti contro l’ultima Finanziaria del Governo Gentiloni: l’articolo 1, comma 851, della Legge di Bilancio 2018, che definiva in 781 milioni la quota accantonamenti per l’isola, è stato dichiarato illegittimo (la Regione ne aveva pagati 684 perché aveva rifiutato l’intesa e impugnato la Finanziaria nazionale).
Nella sentenza, che è stata depositata ieri a fine mattinata vengono riconosciute tutte le ragioni. Ma i giudici, per la prima volta, si spingono oltre: non solo infatti ribadiscono la necessità che lo Stato avvii una “leale collaborazione” con le autonomie territoriali nella gestione delle politiche di bilancio e censurano il ritardo con cui lo Stato ha dato attuazione alle precedenti sentenze ma, con una decisone inedita, elencano i criteri con cui dovranno essere determinati i contributi che spettano alla Sardegna per il triennio 2018-2020, in attesa che si perfezioni l’accordo definitivo tra Stato e Regione.
Il Governo, pesantemente bacchettato dai giudici, è ora obbligato a dare immediata attuazione alla sentenza cercando un accordo per definire una cifra equa, scrivono i giudici, sottolineando in modo netto due principi: la “ragione erariale”, ovvero la necessità di incassare denaro dalle Regioni per far fronte al debito pubblico, non può essere un “principio tiranno”. Non solo: il legislatore, scrivono sempre i giudici, dispone di una discrezionalità “limitata” dagli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale. Ovvero: il Governo non può fare quello che vuole, deve rispettare le indicazioni della Corte derivanti da un contenzioso e cercare un accordo con la Regione.
Pienamente soddisfatti Francesco Pigliaru e Raffaele Paci. «Una grande vittoria per la Sardegna – ha sottolineato il Presidente della Regione -. Noi abbiamo chiesto fin da principio che ci fossero regole chiare sulla base delle quali calcolare gli accantonamenti e la Corte Costituzionale richiama il Governo dicendo esattamente le stesse cose. E mette inoltre molta enfasi sui criteri da utilizzare, tra i quali sottolinea la necessità di valutare il contesto economico, l’attribuzione alla Regione di risorse adeguate a perseguire le sue prerogative e il calcolo dei costi dovuti all’insularità».
«Vogliamo lasciare la Regione – ha concluso Pigliaru – nel massimo ordine possibile e questo è un bel risultato, in chiusura di legislatura e, sollecitato dalla stampa -, assieme alla riduzione della dispersione scolastica, che spero possa dare risultati migliori negli anni a venire grazie alla nostra azione incisiva e determinata; ai dati in significativo miglioramento del mercato del lavoro e alla lotta alla Peste Suina Africana. Questa sentenza, che accogliamo con enorme soddisfazione, dimostra che le cose dette in questi anni sono del tutto ragionevoli; l’irragionevolezza sta semmai dall’altra parte del Tirreno».
Per l’Assessore alla Programmazione si tratta di «Una sentenza molto dura nei confronti del Governo, e spero davvero che finalmente a Roma ne prendano atto e avviino immediatamente una trattativa. Perché possiamo avere le sentenze a noi più favorevoli, ma senza una trattativa e un accordo politico non si va da nessuna parte e, soprattutto, non si incassa un solo euro. Questo, a scanso di equivoci e strumentalizzazioni, è bene ribadirlo. Riprenderemo – ha aggiunto Paci – a incalzare il Governo, continueremo a chiedere risposte, a pretendere il rispetto delle regole e del nostro Statuto, che in questi anni è stato stravolto a piacimento con l’imposizione di cifre assurde. Quella di oggi è una vittoria importante, perché ci dà pienamente ragione, ma ora serve che il Governo si assuma finalmente le sue responsabilità».