Danzare per lui era un po’ come volare e Roberto si sentiva libero e leggero dentro quel ritmo che incalza e trascina, sopra quel suono che poggia sui colori di un’appartenenza, che sprigiona sudore, che consuma energie.

Era cresciuto all’interno di quel gruppo di amici con cui spartiva la passione per il ballo sardo, per le tradizioni di Villanova Tulo, per le rassegne da organizzare e le gite da fare, per le notti infinite da affrontare sulla strada del ritorno, piene di stanchezza e di sorrisi.

Era parte di un contesto sociale che lo ricambiava di attenzioni, perché ad ognuno si voleva dare: con un calcio ad un pallone, con una parola da scambiare, con un gesto da manifestare, con quel suo modo educato e gentile di sapersi rapportare.

Un destino avverso ha spezzato la sua voglia di vivere: nessun segno sciuperà il suo viso, perché il tempo non lo potrà scalfire.

In paese c’è silenzio e dolore dappertutto: dalle parole commosse di chi lo ricorda, senza retorica, emerge il ritratto di un ragazzo che rappresentava la parte bella di un vissuto condiviso, la speranza del domani, un pieno di valori, l’amico di ognuno.

Chi muore giovane rimane impigliato da qualche parte del cielo, tra le rondini che spaziano e una musica che non smette mai di suonare.

Chi muore amato non smette mai di “restare”, perché continua a camminare sui sentieri del cuore anche quando gli occhi si chiudono per andare a dormire.

Un abbraccio forte ai suoi cari.

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