La commedia non ci propone, come molte delle precedenti, una riflessione sulla realtà del nostro tempo, ma una meditazione esistenziale. Il tema che presenta è la difficoltà per l’uomo di lasciare un ricordo di sé che possa andare oltre la breve memoria di parenti e amici e assicurare una traccia del suo passaggio su questa terra. Il protagonista, Jordi, vuole realizzare il desiderio del padre di pubblicare i suoi pensieri e le sue poesie per continuare a vivere almeno nei suoi scritti, affinché la sua vita non sia come se fosse stata scritta sulla superficie dell’acqua. Ad aiutarlo in questa operazione di riappropriazione e ricostruzione della memoria paterna è un personaggio ambiguo, metà filosofo esoterico e metà scienziato deriso dalla scienza ufficiale, il dottor Iàkinthos, che a detta dei suoi detrattori sarebbe, però, solo un semplice cialtrone. Tuttavia sarà lui a risvegliare nel protagonista il desiderio di recuperare ciò che il padre aveva affidato alle pagine scritte nel suo desiderio di vincere la morte, pagine che anni addietro un ladro sprovveduto e frettoloso aveva rubato insieme alla cassetta che le conteneva, gettando il padre, ormai anziano, in uno stato di profonda depressione. Purtroppo la volontà del protagonista si scontrerà con quella dei figli, che, non vedendo di buon occhio la facilità con cui Jordi dilapida il patrimonio di famiglia per pagare le costosissime sedute dal dottor Iàkinthos, riusciranno a farlo rinchiudere in una casa di riposo.

La commedia è divisa in tre atti, nel primo Jordi ci parla della sua vita, della sua infanzia, della sua famiglia, del padre profugo greco, dell’esodo dei nonni scampati a un violento pogrom e costretti a lasciare definitivamente la loro città. La rievocazione dell’infanzia e della sua vita passata è fatta tramite lunghi monologhi e utilizzando numerosi flashback.

Nel secondo atto, durante una visita dal geriatra, impostagli dai figli, Jordi ha modo di spiegare ciò che avveniva nelle stupefacenti sedute in casa del dottor Iàkinthos.

Nel terzo atto infine, in cui Jordi non sarà più fisicamente presente sulla scena, assistiamo al fallimento del sogno di eternità che il protagonista voleva realizzato in onore del padre.

Per gli attori del Teatre de Veus questa volta la prova è particolarmente ardua: all’oggettiva difficoltà di affidare lo svolgimento della trama unicamente alle voci si aggiungono infatti anche i lunghi monologhi e la resa psicologica di alcuni personaggi. Del resto già la scelta fatta nel 2012 di un teatro di idee in lingua locale richiedeva di per sé una notevole dose di coraggio, poiché significava allontanarsi sia dalla tradizione e dagli stereotipi della commedia vernacolare, in cui i personaggi sono spesso solo dei tipi, sia da una concezione della lingua minoritaria che fossilizza quest’ultima in un ruolo di comunicazione irrilevante o folcloristica. Nel Teatre de Veus il catalano di Alghero viene usato per esprimere qualunque concetto e per descrivere qualsiasi situazione, ed è proposto non più come espressione peculiare di un determinato luogo ben definito dal punto di vista storico-geografico, ma come strumento di valore universale per l’osservazione di ogni aspetto della realtà.

Gli attori che danno vita ai personaggi de La pell de l’aigua sono: Giancarlo Ballone, Anna Maria De Ruberto, Michele Delrio, Sandro Fiamma,Vanna Lobrano, Maddalena Marrosu, Agostino Mura, Valter Pigò, Daniela Riu, Luigi Riu, Salvor Ruggiu, Agostino Salis, Nanda Salis, Tore Sotgiu.