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Hanno ammesso le loro responsabilità i due ragazzi di Rimini che nei giorni scorsi hanno pescato alcune cernie nelle acque dell'area marina protetta di Capo Caccia, zona a tutela integrale, per poi vendere il pescato a un ristoratore algherese e vantare le loro gesta con video pubblicati sui social.
I due si sono giustificati spiegando che non sapevano di avere pescato in un'area marina protetta. Sono stati denunciati alla Procura della Repubblica dal Corpo Forestale e dalla Guardia Costiera di Alghero.
Martedì 30 agosto, accompagnati da un genitore, si sono presentati alle Forze di Polizia. I militari dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Alghero, insieme al personale della Base Navale del Corpo Forestale di Alghero hanno proceduto con gli atti di rito denunciando i giovani e ponendo sotto sequestro l’attrezzatura utilizzata per la pesca illegale.
“In questa spiacevole vicenda – spiegano i Comandanti delle Autorità marittime coinvolte nelle indagini, – piace sottolineare alcuni elementi significativi: innanzitutto la reazione unanime delle Istituzioni, degli Enti Locali e della collettività nei confronti di quello che è stato percepito come una vera e propria offesa nei confronti dell’ambiente, quale risorsa fondamentale ed elemento distintivo per questo territorio; pregia evidenziare, altresì il comportamento virtuoso di quegli operatori del settore della ristorazione che hanno scelto di non assecondare l’ulteriore attività illegale posta in essere dai protagonisti di questo evento, rifiutando l’acquisto del prodotto illegalmente pescato. Infine, la reattività delle Forze di Polizia che in sinergica collaborazione tra di loro e in aderenza agli orientamenti della Magistratura hanno lanciato un segnale di fermezza rispetto ad una condotta non solo semplicemente antigiuridica ma che per i suoi contorni assume un rilevante disvalore sociale ed educativo”.
La Procura sta vagliando anche la posizione del ristoratore algherese che ha acquistato le cernie: se il pm valutasse come furto la pesca degli esemplari nell'area marina protetta, per il titolare del ristorante scatterebbe una denuncia per ricettazione, altrimenti se la caverà con una sanzione amministrativa relativa alla mancata tracciabilità del pescato.
“La pesca di frodo in tutte le sue molteplici varianti – ha detto il Comandante del Corpo Forestale Provinciale, Giancarlo Muntoni, - rischia di minare l’azione di naturale ripopolamento biologico dell'Area Marina Protetta. Questa riprovevole attività arreca un inammissibile danno ambientale al patrimonio biologico dell’area marina protetta, senza contare il fatto che il pescato di frodo è sempre più spesso destinato ad essere venduto illegalmente a ristoranti e pescherie, eludendo i controlli sanitari e danneggiando il lavoro dei tanti onesti pescatori che esercitano questa professione. Quello dei due blogger è un atto che ha ricevuto la condanna unanime del mondo dei social, tale è stato lo sdegno che ha suscitato non solo nei cittadini sardi ma nell’intera collettività. Cionondimeno, i processi si fanno nelle aule giudiziarie e devono essere respinti tutti quei commenti che sanno di “minacce” più o meno velate nei confronti dei due ragazzi. Mi piace sottolineare come la collaborazione con l’Autorità Marittima nella prevenzione e repressione della pesca di frodo e dei reati ambientali, abbia dato ancora una volta risposte alle attese di giustizia dell’intera comunità sarda”.