I reati ipotizzati nell'ambito delle indagini della Procura di Tempio sulla terribile alluvione del 18 novembre scorso, hanno un tale livello di gravità e consapevolezza dei soggetti coinvolti da convincere i magistrati a prefigurare il dolo eventuale per le condotte che hanno causato la morte di 13 persone.

Gli inquirenti ritengono che i soggetti sui quali si sta concentrando l'attenzione degli investigatori, abbiano agito, nel corso degli anni, nella piena consapevolezza dei rischi ai quali avrebbero potuto esporre la popolazione, creando quindi le nefaste condizioni che hanno dato origine al disastro di novembre. E in quest'ottica verranno individuati diversi ambiti di responsabilità.

"La Procura sta portando avanti un'operazione certosina di natura tecnico-scientifica, e così come è rigoroso il lavoro in questa fase sarà altrettanto rigorosa la reazione dell'autorità giudiziaria", ha chiarito il titolare dei tre fascicoli aperti in Gallura, Riccardo Rossi.

Secondo quanto si è appreso, si configurerebbe tre diversi livelli di responsabilità: la più blanda, che si riferisce ai singoli accadimenti e che potrebbe essere eventualmente contestata a chi il giorno dell'alluvione non sarebbe materialmente intervenuto per salvare le persone; un secondo livello, intermedio, di individuazione delle carenze strutturali, come la mancata manutenzione dei canali; e, infine, il livello più pesante, la responsabilità di chi ha realizzato alcune opere che potrebbero aver dato origine ai disastrosi allagamenti del 18 novembre.

L'obiettivo è quello di "individuare responsabilità effettivamente provate", sottolinea il pm Rossi.