Antonio Gramsci non è stato sardo solo perché le sue origini lo riconducono all’isola in mezzo ai mari, ma lo è stato soprattutto perché ha amato la sua terra di un “amore immenso” – come ha scritto qualcuno – “per la sua bellezza semplice, con le sue asperità, con i suoi contrasti, con le sue sofferenze, con le sofferenze del popolo sardo che egli conobbe, comprese, condivise”.

Sono trascorsi 80 anni dal 23 aprile 1937, data della sua morte, e la ricorrenza ravviva il ricordo e offre l’occasione per organizzare una serie di eventi che mettono al centro una figura rappresentativa della Storia d’Italia e di una sinistra che sull’estensione del suo pensiero ha tratto l’origine di un percorso che ha prodotto azione e futuro.

Il suo viaggio è costellato di tappe e di luoghi. Da Ales, paese natale, a Ghilarza, sede in cui trascorse la sua infanzia nella casa che ora è un museo che porta il suo nome, passando per Santu Lussurgiu dove ha frequentato le scuole superiori prima di approdare a Cagliari, durante il periodo del Liceo “Dettori”. Per Poi spiccare il volo verso altri orizzonti che avrebbero forgiato il suo credo e animato l’entusiasmo della militanza, senza mai placare gli ardori di una lotta che difese a caro prezzo, anche nelle carceri in cui venne rinchiuso e nelle quali scrisse le sue celebri Lettere.

Palmiro Togliatti nel tracciare un profilo del suo compagno di studi e di partito, in occasione del decennale della sua scomparsa, evidenza come proprio dalla Sardegna venisse ad Antonio Gramsci “il primo impulso, la vocazione iniziale della sua vita”. 

Per l’esponente del Partito Comunista Italiano la spinta decisiva all’attività pratica di dirigente della classe operai e dei lavoratori italiani, che diventò elemento fondamentale per l’elaborazione del suo pensiero politico, Gramsci la traeva da ciò che aveva visto, osservato e sofferto nell’isola.

In questa giornata di celebrazioni il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ricorda con queste parole:

"A ottant'anni dalla morte, avvenuta con le sofferenze della lunga detenzione patita nel carcere fascista, ricordiamo in Antonio Gramsci un pensatore colto e originale - i cui scritti alimentano tuttora studi, riflessioni, ricerche in ogni parte del mondo - e uno dei Padri della Sinistra italiana. Le sue battaglie, la sua elaborazione teorica e la sua figura politica hanno contribuito in modo significativo alla fondazione dello Stato democratico e al suo radicamento popolare - si legge in una nota del Quirinale -. La pubblicazione delle Lettere e dei Quaderni del Carcere, e successivamente la ricostruzione dell'intero Epistolario gramsciano, costituisce uno snodo significativo della vicenda politica e culturale del Novecento italiano".

Sopravvivono il pensiero lucido e la lungimiranza delle sue idee, oltre alla visione di un mondo più giusto e ancorato ai principi di democrazia e uguaglianza.

In uno scritto Antonio Gramsci fissa il suo concetto di cultura: “Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri”.