Il bracciale è considerato uno strumento di sicurezza, perché, indossato dal bebè che riposa nel Nido, associa il piccolo alla sua mamma. Quest'ultima, ricoverata nel reparto, ne indossa un altro. Su entrambi, di colore bianco, è riportato lo stesso numero identificativo. Adesso arriva un terzo braccialetto che, come detto, potrà essere portato al polso dal partner della neo mamma e riporterà lo stesso numero identificativo.

Il bracciale fungerà da lasciapassare, garantirà la privacy e consentirà di identificare in colui che lo indossa la persona di fiducia della mamma, l'unica ad avere il libero accesso alla stanza di degenza e a cui potrà essere affidato il neonato. "Il progetto è stato pensato in epoca non Covid – spiega Nunzia Pinna, dirigente dell’Area assistenza ostetrica –, ma adesso, con le restrizioni agli accessi in ospedale, diventa più attuale. Era necessario, infatti, rispettare il diritto al sostegno della donna nel giorno della nascita del figlio, dandole la possibilità di avere accanto una persona da lei scelta".

Con la pandemia, infatti, è cambiata profondamente l'organizzazione e la gestione degli ingressi dei visitatori nelle strutture ospedaliere. È necessario dover garantire la massima sicurezza alle pazienti e agli operatori. Trattandosi di nascite, poi, è doveroso garantire la massima sicurezza anche ai neonati ed evitare quindi possibili casi di contagio da Sars Cov-2. Ecco perché, oltre alle future mamme, in questo caso l’Aou sottopone a tampone anche il partner che accede al reparto.

Con al polso il braccialetto, inoltre, il partner quando entra nella struttura sarà facilmente riconoscibile dagli operatori dell'area filtro. Ma il vero obiettivo del progetto è garantire una maggiore umanizzazione dell'evento nascita, attraverso la partecipazione del partner della neo mamma alle cure del bambino, già dai primi giorni di vita.

"È anche vero – afferma il direttore della Ostetricia e Ginecologia, professor Salvatore Dessole – che, ai giorni nostri, gli uomini a casa partecipano alla cura del neonato, molto di più di quanto si facesse in passato. Lo lavano, lo cambiano, lo allattano col biberon. In reparto, però, non avevano quel coinvolgimento che forse si aspettavano di avere. Adesso, invece, avranno un ruolo più attivo".

Il progetto, allora, punta proprio a questo. Da una parte, tende a garantire alla donna il diritto al sostengo, con la possibilità di avere accanto a sé la persona da lei scelta, sia al momento del parto sia nei giorni successivi. "I primi giorni di puerperio sono importantissimi – riprende Nunzia Pinna – e sono utili per il recupero psicofisico della donna che deve avere la possibilità di trovare il giusto ritmo tra periodi di riposo e momenti in cui si occupa del proprio bambino".

Dall'altra parte il progetto consente alla persona indicata dalla donna la partecipazione alle cure del bambino sin da subito. Il partner può avere la possibilità di rimanere con la donna durante il travaglio e il parto e nei tre giorni di puerperio. La presenza del partner può fare da filtro tra la donna e il mondo esterno e favorire la relazione madre-padre-neonato.