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Sono passati 50 anni, era il giugno del 1969, da quando una popolazione di 5mila abitanti diede vita a una rivolta pacifica contro la realizzazione di un poligono militare di tiro a Pratobello, nel comune di Orgosolo.
Le terre che avrebbero voluto adibire a poligono erano l'unica risorsa per la popolazione e i pastori del paese. Nel giro di una settimana le forze armate mandate dallo Stato si ritirarono.
Cinquant'anni dopo il paese celebra la ricorrenza: il comitato spontaneo "Pratobello 50 annos" ricorderà la rivolta di Pratobello domenica 30 maggio con una marcia che ripercorrerà gli stessi luoghi. Si parte da Orgosolo alle 17 per raggiungere Pradu, dove sarà inaugurata l'opera dell'artista senese Francesco Del Casino, uno dei protagonisti della lotta, autore di numerosi murales di stampo politico che hanno reso Orgosolo un museo a cielo aperto.
"Questa serie di eventi che coinvolgono i giovani e che ricordano quei giorni mi fanno ben sperare - dice all'ANSA Francesco Del Casino -. Il paese si sta ritrovando anche per discutere e riflettere sulla difesa del territorio e sull'antimilitarismo - prosegue - Ho deciso di donare un'opera, che ho realizzato insieme a Pino Muggianu, perché quell'importante avvenimento venga scolpito nelle menti di chi visita questi luoghi. La ricorrenza fa riflettere su temi attuali, come la politica che considera le guerre normali, ma all'epoca noi eravamo contro la guerra".
La marcia verso Pradu sarà arricchita da momenti di lettura e musica che racconteranno la storia attraverso i ricordi dei protagonisti di quei giorni. "La lotta di Pratobello è un esempio di passione civile che ha segnato uno dei momenti più importanti della storia della Sardegna del '900 - spiegano i rappresentanti del comitato promotore dell'evento -. Non dimentichiamo che nel maggio del 1969, dopo che sui muri di Orgosolo furono affissi dei manifesti che imponevano alle persone e alle greggi di lasciare i pascoli, illuminati cittadini del Circolo giovanile diedero vita a una mobilitazione che segnò il punto più alto delle iniziative portate avanti in Sardegna nel tempo contro la militarizzazione del territorio".
I FATTI.
Il 27 maggio 1969 sui muri di Orgosolo venne affisso dalle autorità un avviso mediante il quale la Brigata Trieste invitava i pastori, che operavano nella zona di Pratobello, a trasferire il bestiame altrove perché per i successivi due mesi l’area sarebbe stata adibita a poligono di tiro e di addestramento dell'Esercito Italiano. La paura era che quello che veniva definito “provvedimento temporaneo” divenisse permanente. Il 9 giugno seguente i cittadini di Orgosolo iniziarono la mobilitazione. “Come agire? – si legge in un comunicato ciclostilato del Circolo giovanile di Orgosolo – Difendere il pascolo e il bestiame. In tutto 40mila capi per i quali lo Stato ha previsto lo sgombero con un risarcimento di 30 lire giornaliere a pecora, mentre il mangime costa 75 lire al Kg”.
Il commissario prefettizio di Orgosolo, la questura di Nuoro, i militari e le organizzazioni dell’Alleanza Contadini, della Coldiretti e della Cgil lavorarono per giorni per raggiungere un accordo sindacale, ma i pastori furono irremovibili. Persino la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista tentarono la mediazione proponendo l’invio di un telegramma al Ministro della Difesa Luigi Gui e al sottosegretario Francesco Cossiga perché intervenissero limitando l’azione dell’esercito a Pratobello. Ma gli orgolesi non erano disposti a scendere a patti.
Il 18 giugno la popolazione del paese si riunì in assemblea in piazza Patteri, dove si decise di attuare una forma di protesta nonviolenta e quindi di occupare pacificamente la località di Pratobello. Il 19, primo giorno di esercitazioni, i manifestanti marciarono verso Pratobello in auto, camion e moto-carrozzelle quando nei pressi di Duvilinò ebbero un primo contatto con i militari bloccando un’autocolonna che si dirigeva verso l’area interdetta a pastori e contadini. Neppure l’intervento della polizia fece desistere uomini e donne in protesta. Alle 11 del mattino gli orgolesi arrivarono a Pratobello disponendosi sulla linea di confine del territorio comunale e presidiando per tutto il giorno l’area così da impedire qualsiasi esercitazione.
Il giorno dopo, 20 giugno, almeno tremila orgolesi respinsero fuori dal confine del territorio comunale la polizia avanzando sino a pochi metri dalle tende dei militari. Gli onorevoli di Dc, Pci e Psiup intervennero per tentare di avviare un dialogo fra le parti, ma qualsiasi trattativa si rivelò inutile e l’esercito fu costretto a sospende le esercitazioni. Il 21 e il 22 giugno fu tregua poiché durante il fine settimana non era prassi sparare nei poligoni.
A Orgosolo si diffuse intanto la notizia dell’arrivo di nuovi reparti di forze dell’ordine così, nella notte del 22, alcuni pastori iniziarono a marciare verso Pratobello ma alle 4.30 del mattino trovarono l’accesso alla zona bloccato da un importante schieramento di poliziotti e carabinieri. A gruppi di venti o trenta gli orgolesi forzarono ancora i blocchi nascondosi all’interno dell’area e sugli alberi ed effettuando azioni di disturbo. Circa ottanta manifestanti vennero arrestati e trasportati in questura a Nuoro. Il 23 fu un’altra giornata di calma e in serata l’assemblea decise di inviare a Roma una delegazione composta dagli onorevoli Ignazio Pirastu (Pci), Carlo Sanna (Psiup) e Gonario Gianoglio (Dc) accompagnati da tre pastori, un bracciante, un camionista, uno studente del Circolo democristiano e il presidente del Circolo giovanile.
Il 24 la rivolta proseguì in attesa dell’esito della trattativa romana ma fu il 26 una delle giornate più difficili. Il poligono, che nel frattempo era stato spostato in un’altra zona, fu invaso dalla popolazione che impedì per ore ai baschi blu di operare. Lungo i costoni del Supramonte fu un continuo inseguimento dei rivoltosi da parte dei militari che non riuscirono a sedare la ribellione popolare.
Quando la delegazione romana tornò in Sardegna i manifestanti si recarono nuovamente in paese, dove vennero loro illustrati gli impegni assunti del ministro della Difesa Gui: il poligono sarebbe stato temporaneo e sarebbe andato avanti fino alla metà di agosto; non vi era nessuna decisione di trasformare il poligono in un’istituzione permanente; ogni eventuale decisione in merito sarebbe stata presa ascoltando il parere delle amministrazioni locali interessate; una commissione militare avrebbe esaminato in loco la possibilità di una riduzione dell’area del poligono, al fine di limitare per quanto possibile il disagio; i lavoratori della forestale avrebbero percepito la paga per i giorni di mancato lavoro; parte dei rifornimenti della Brigata Trieste sarebbero stati acquistati ad Orgosolo.
Terminarono così le sei giornate in cui Orgosolo affrontò lo Stato con successo. A seguito di questi fatti nacque il fenomeno del muralismo nel centro barbaricino.