"Gli scavi nel sito di Mont'e Prama interrotti lo scorso autunno potrebbero essere riavviati entro la fine del mese di giugno".

L'archeologo della Soprintendenza Alessandro Usai, che è anche direttore scientifico dello scavo, non garantisce nulla, ma è comunque ottimista sulla possibilità che presto si possa ricominciare a lavorare nel sito del Sinis che ha nascosto per quasi tremila anni i resti dei giganti di pietra esposti ora al Museo archeologico nazionale di Cagliari e al Museo civico Giovanni Marongiu di Cabras.

Operai e archeologi sono pronti a riprendere in mano gli strumenti del mestiere, ma per ripartire bisogna attendere la firma del nuovo contratto con la cooperativa Archeosistemi di Bologna, che si era aggiudicata l'appalto bandito dalla società Arcus per conto del ministero dei Beni culturali.

Ci sono da spendere alcune decine di migliaia di euro di fondi risparmiati con il ribasso della base d'asta di quell'appalto e la zona di intervento è già stata individuata.

E' un rilievo a nord ovest della zona già ampiamente indagata e la speranza è che possa nascondere non tanto nuovi giganti quanto nuove strutture e altri elementi magari poco appariscenti per i profani ma che tornerebbero molto utili per capire meglio un pezzo di storia sarda e di storia nuragica in particolare ancora misterioso.

Intanto, nei locali del Museo Marongiu alla periferia di Cabras sono ripresi i lavori di restauro degli oltre 1.300 reperti rinvenuti durante la campagna di scavi condotta nel 2014 dalla Soprintendenza ai Beni archeologici e dalle Università di Cagliari e di Sassari.

All'opera, assieme ai tecnici del Centro di conservazione archeologica di Roma, come era già successo lo scorso anno, è impegnato anche un nutrito gruppo di studenti di archeologia di alcune importanti università americane.