Il periodo della pandemia ha fatto registrare un aumento dei casi di violenza sulle donne anche a Sassari. Lo rivela il Centro di vittimologia e prevenzione della violenza dell'Azienda ospedaliera universitaria sassarese. Dal maggio del 2018, quando è stato istituito all'interno della Clinica psichiatrica dell'Università e dell'Aou, al centro si sono rivolte 102 persone, il 92% delle quali vittima di una violenza subita all'interno di una relazione affettiva o intima, tra cui le violenze domestiche. Richieste diminuite significativamente all'inizio del lockdown, poiché le vittime rimanevano a casa e non avevano contatti con l'esterno, costrette a convivere col partner che spesso è l'artefice del maltrattamento. 

Una nuova impennata nel settembre 2020, prima della seconda ondata, con un aumento delle richieste del 70% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Anche in risposta alla recrudescenza del fenomeno, l'Aou di Sassari quest'anno aderirà all'Open week contro la violenza sulle donne organizzato dalla Fondazione Onda, l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere. "Il 26 novembre - conferma la professoressa Alessandra Nivoli, responsabile del centro - il nostro servizio ambulatoriale a San Camillo sarà a disposizione dalle 9 alle 13 per le donne che vivono una situazione drammatica e soffrono di una violenza psicologica, fisica, economica e di tutte le forme di violenza domestica". 

"La violenza domestica è un fenomeno strutturale e non emergenziale nella nostra società - prosegue -. Il nostro è il primo centro specializzato di una struttura universitaria pubblica in Sardegna e un importante punto di riferimento in Italia - racconta - offriamo una presa in carico clinica psichiatrica e psicologica tutelata dal segreto professionale, chi si rivolge a noi non è obbligato a denunciare il suo aggressore alle forze dell'ordine ma viene supportato anche rispetto agli aspetti legali". 

Secondo la psichiatra, "troppo spesso le donne vittime di violenza si sentono sole e abbandonate, prima del centro il servizio pubblico non rispondeva pienamente ai loro bisogni e in più esiste ancora un grande stigma, perciò spesso è molto difficile intercettarle perché hanno paura, per individuarle occorre fare prevenzione primaria adeguata".