Emanuela era la mia luce, una figlia eccezionale, aveva sempre una buona parola per tutti, aiutava i bisognosi, aiutava me da quando sono andato in pensione, era formidabile. La sua dinamicità si era frenata solo con la malattia, ma nonostante questo non aveva mai smesso di esserci per gli altri e di costruire il suo futuro, e soprattutto non aveva mai smesso di essere bella, dentro e fuori”.

Sono parole piene di dolore quelle di Sebastiano Mura, padre di Emanuela, la 41enne investita e uccisa mentre faceva jogging a Carloforte la mattina del 29 novembre.

La giovane donna aveva da poco terminato un ciclo di chemio per un tumore al seno, era felice e serena, stava riprendendo in mano la sua vita e i suoi mille impegni dopo questa triste parentesi quasi arrivata alla conclusione, aveva festeggiato la fine della terapia portando a cena fuori la numerosa famiglia che l’amava e la sosteneva, poi la mattina alla 7 di due settimane fa, la fine di tutto. Dei sogni di Emanuela, della sua passione per il canto, dei progetti lavorativi che stava mettendo in atto, della gioia familiare, delle coccole ai nipoti, figli delle sorelle, degli aiuti amorevoli ai genitori. Una fine improvvisa e veloce. Di cui ancora purtroppo non si conosce tutta la verità.

Infatti i suoi familiari non sono del tutto convinti di quanto asserito dal cameriere 30enne del posto che si era costituito il giorno dopo l’accaduto, presentandosi in caserma accompagnato da un avvocato.

Il giovane ha dichiarato che non si è fermato a soccorrere la povera vittima in quanto convinto di aver urtato un muretto dopo aver sbandato con la macchina. I familiari, dopo aver visto l’auto danneggiata, lo avrebbero poi invitato a recarsi in caserma una volta saputa la notizia del decesso di Emanuela, ricollegando orario e luogo.

Il 30enne è stato denunciato per omicidio stradale e omissione di soccorso, ma continuerebbe ad affermare di non ricordare nulla di quanto accaduto. Quella mattina era stato un passante a dare l’allarme appena si è accorto della vittima, ma ormai l’auto si era già dileguata e per la donna non c’era più niente da fare.

Sebastiano afferma: “Io sono certo siano coinvolte altre persone, il ragazzo non era da solo in macchina. Il posto è piccolo e le voci corrono. Mia figlia non era una sprovveduta e sapeva dove andare a correre, aveva anche una tuta catarifrangente visualizzata anche dalle telecamere di sorveglianza. Con il grande dolore che mi porto dentro continuerò a cercare di fare chiarezza, non è possibile finisca tutto così, ora lui dice di non ricordare niente. Questo è omicidio, e chi ha ucciso mia figlia deve pagare!”

Sono stato sommerso da affetto e solidarietà da parte della comunità di Carloforte, da amici e conoscenti, ma anche dalle Forze dell’Ordine. Spero che la stessa solidarietà non manchi per cercare di mettere in luce la verità una volta per tutte”.