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Bambù nuovo oro verde della Sardegna. Le coltivazioni sono redditizie. E infatti nell'isola sono stati anche promossi veri e propri viaggi di lavoro per illustrare le opportunità di investimento. Parecchi gli utilizzi: nell'edilizia, nel campo alimentare, nella cosmetica, nell'ambito dei filati. In Sardegna sono stati realizzati i primi bambuseti a Nule, Mamoiada e Sorgono, mentre altri ancora stanno per partire a Fordongianus, Castiadas e Tortolì.
Un fenomeno tutto nuovo, ma gli ambientalisti stanno in guardia. E chiedono alla Regione di effettuare verifiche preventive e dare indicazioni. "Prima che capitino eventuali malaugurati pasticci", avverte il Gruppo d'intervento giuridico.
Le preoccupazioni? Possibili infestazioni - spiegano gli ecologisti- stravolgimenti del paesaggio ed eccessivo consumo d'acqua.
"In realtà - precisa il Grig - si tratta di una tribù di piante spermatofite monocotiledoni appartenente alla famiglia delle Poacee (ex Graminaceae) e sottofamiglia Bambusoideae. In parole povere, si tratta di parecchie specie diverse di piante tropicali, nessuna delle quali autoctona dell'Europa". Nessuna controindicazione? A parte il potenziale stravolgimento - avvertono gli ambientalisti - di vaste aree del paesaggio agrario sardo, il bambù è una pianta infestante: "È un problema estirpare il bambuseto perché, se anche tagli la parte aerea, nel terreno resta un fitto intreccio di apparati radicali, per alcune specie molto robusti, che continuano a riprodursi e che è difficile eliminare - afferma Giuseppe Brundu, botanico del dipartimento di agraria dell'università di Sassari, esperto in piante infestanti -. Occorre capire se dietro i progetti che riguardano queste coltivazioni c'è una valutazione sul rischio, legata all'ambiente in cui sono introdotte e alle finalità".
Poi c'è un altro problema sollevato dagli ambientalisti: "Ineludibile la necessità di grandi quantitativi d'acqua nei primi 3-4 anni di vita, circa 4-500 metri cubi d'acqua per ettaro all'anno".