PHOTO
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella saluta Bianca Berlinguer,in occasione della cerimonia di commemorazione per il centenario della nascita dell’On. Enrico Berlinguer (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)
Cento anni fa, il 25 maggio 1922, nasceva a Sassari Enrico Berlinguer. Segretario del PCI dal marzo 1972 fino alla morte (giugno 1984), protagonista della politica italiana del secondo dopoguerra. Deputato dal 1968, fu promotore dell'idea di un "compromesso storico" tra le due grandi forze popolari, quella comunista e quella democristiana. Durante la sua segreteria guidò inoltre il partito verso il progressivo distacco dall'Unione Sovietica.
Alla cerimonia, organizzata dall’Università di Sassari per ricordare la figura del leader del Partito Comunista, erano presenti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la ministra Cristina Messa, il presidente della Regione Christian Solinas, il presidente del consiglio regionale Michele Pais, i parlamentari sardi, autorità militari, civili e religiose.
Presenti anche i figli di Berlinguer. Di loro ha parlato la giornalista Bianca.
“Ringrazio per questa iniziativa che ci emoziona molto e credetemi avrebbe fatto felice soprattutto a nostro padre. Prima di tutto perché è stata voluta dalla città dove è nato, dove è avvenuta la sua prima formazione culturale e politica, che ha sempre portato nel cuore e che ci ha insegnato fin da piccolissimi ad amare profondamente, dove ha trascorso qualche mese prigione, come sapete, nel carcere di San Sebastiano perché è accusato di avere guidato alla rivolta del pane in quegli anni di dopoguerra. Da lì decise di aderire poi al Partito comunista italiano, una scelta di vita che l'avrebbe accompagnato fino alla morte, ma che poi non lo portò a poter finire i suoi studi di giurisprudenza. La sua scelta è stata un'altra e quindi la tesi non è mai stata discussa e di questo, di non aver potuto finire quegli studi, si è rammaricato sempre, per tutta la vita. Quindi, questo riconoscimento, per noi oggi è davvero prezioso, perché sono sicura che lui ne sarebbe stato felicissimo”.
“Mio padre si è dedicato a tempo pienissimo alla sua attività dentro il partito comunista. A quasi quarant'anni dalla sua morte, se a tanti anni di distanza da quel giorno del suo funerale questo Paese lo ricorda con affetto, emozione e grande rimpianto, un'emozione che ci fa pensare a quella assolutamente spontanea che lo accompagnò quando dall'ospedale di Padova andammo a Mestre a prendere l'aereo del presidente della Repubblica Sandro Pertini, che ci aveva detto voi tutti tornerete a Roma con me, insieme ad Enrico, e sotto una pioggia incessante tantissime persone, spontaneamente, vollero scendere in strada per salutarlo, per dargli l'addio per l'ultima volta”.
“Io vorrei ricordare una frase che dà il senso giusto di come è stata la sua vita, almeno per come l'ho pensata io, è quella che dice “'Noi siamo convinti che il mondo, anche questo intricato mondo di oggi, possa essere conosciuto, interpretato, trasformato, messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita”. E la sua vita è stata interamente dedicata al raggiungimento di questo obiettivo".
“Prima di chiudere un ringraziamento particolare al presidente Mattarella per essere qui oggi, anche perché il suo stile, il suo impegno così sobrio e autentico in un momento tanto difficile per la storia di questo paese ci ricorda un altro presidente, quel Sandro Pertini che voleva essere vicino a papà fino all'ultimo riportarlo a casa a Roma con il suo aereo presidenziale come, sono le sue parole, un amico fraterno un figlio un compagno di lotta, che non ci lasciò mai soli in quei terribili giorni di Padova e che seppe interpretare il diffuso sentimento Popolare di dolore quel sentimento che superava appartenenze partitiche e opzioni ideologiche. Al suo funerale c'era chi salutava con il pugno chiuso, ma in tantissimi salutavano facendosi il segno della Croce. Ecco, in tutto questo c'era il riconoscimento che la vita di papà era stata messa prima ancora che a disposizione degli interessi e di quello che pensava fosse il bene del suo partito a disposizione degli italiani e di quell'Italia che amava così profondamente. Un ultimo ricordo quando arrivammo a Ciampino poche ore della sua morte con Sandro Pertini mia madre vedendo che sulla sua bara c'era solo la bandiera del partito comunista italiano volle assolutamente che ci fosse anche il tricolore perché ci disse: ricordatevi che vostro padre prima di tutto è stato un italiano che ha amato intensamente il suo Paese”.