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“E’ discutibile il comportamento tenuto dai Servizi Sociali di Viterbo nei confronti della mamma e della bimba di Baressa (Oristano), assegnata al papà dopo la separazione dei genitori. La bambina infatti più di una volta e per molto tempo ha dovuto rinunciare ad incontrare la mamma, da cui peraltro era stata divisa nel 2018, a neppure 3 anni di età, in modo traumatico. In questo modo non è stato rispettato il diritto della minore alla bigenitorialità”.
Lo sostiene in una dichiarazione Maria Grazia Caligaris, esponente dell’associazione culturale “Socialismo Diritti Riforme”, facendo osservare che “i contenuti della memoria presentata all’Autorità Garante del l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Lazio nonché della Sardegna dall’avv.ta Cristina Puddu, legale della donna sarda, sembrano palesare gravi inadempienze e atteggiamenti prevaricatori da parte dei Servizi Sociali”.
“La bambina infatti – osserva Caligaris – ha potuto vedere la mamma per la prima volta, un mese e mezzo dopo il distacco. Gli incontri in uno Spazio Neutro – per pochi giorni al mese e previa alcuni colloqui preliminari imposti dall’Assistente Sociale incaricata ma non prescritti dal Tribunale – sono stati modificati, a seguito dell’inserimento della piccola nella scuola materna scelta dal padre, e due mesi dopo sospesi dai primi di ottobre fino al 22 dicembre 2018, senza che il Giudice venisse informato”.
“Non si tratta – osserva Caligaris – di un fatto usuale per una figura professionale super partes il cui ruolo principale consiste nel garantire i diritti di una persona fragile. Il fatto che la bambina non abbia potuto vedere la mamma ha creato nella piccola un grave disagio che si è aggravato ulteriormente con l’avvento del Covid19. L’espandersi della pandemia in Italia e le conseguenti misure restrittive hanno aggravato ulteriormente la situazione e la bambina dal 10 marzo 2020 non ha più rivisto la mamma”.
“A quel punto, non potendo la giovane madre varcare il Tirreno in alcun modo, l’assistente sociale avrebbe dovuto sollecitare il padre della piccola a mettere a disposizione della bambina un computer con skype e/o un cellulare/tablet per le videochiamate. Neanche questa opportunità è stata garantita alla piccola che ha solo sentito la madre per telefono. Si tratta quindi – conclude Caligaris – non solo di un diritto negato da una figura professionale di ambito sociale ma anche di un atto di disumanità nei confronti di una bambina che ha solo il desiderio di poter condividere la vita con i suoi genitori, benché separati. L’auspicio è che un autorevole intervento del Garante possa ridare vigore a un rapporto madre-figlia compromesso da pervicace presunzione di potere”.