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Era il 19 febbraio quando a Bono veniva rilevato il primo cluster di variante inglese del coronavirus in Sardegna. Un evento drammatico, che ha determinato un nuovo lockdown per la comunità goceanina proprio quando l’Isola, la più virtuosa fra le regioni italiane, si preparava ad accedere nella tanto attesa zona bianca.
Per il sindaco Elio Mulas l’arduo compito di gestire, insieme alla squadra di amministratori e alle autorità sanitarie, un’emergenza gravissima anche per quanto riguarda il tessuto sociale ed economico. “Dopo le precedenti chiusure – spiega Mulas a Sardegna Live – è una nuova mazzata proprio nel momento in cui si celebra un progressivo ritorno alla normalità sul territorio regionale. È evidente che le criticità sono sempre più difficili da affrontare. A questo punto i ristori per le attività chiuse sono un impegno quanto mai improrogabile. La Regione faccia la sua parte celermente per supportare tutte le attività produttive. Noi, per quanto ci spetta, ci impegneremo in prima persona”.
La campagna di screening effettuata nel weekend ha registrato una importante risposta da parte della popolazione, che si è sottoposta in massa ai tamponi. “A oggi – spiega il sindaco – risultano in paese 48 contagi. Ancora è presto per essere precisi sull’incidenza della variante inglese, ma non ho ricevuto alcuna comunicazione che confermi ulteriori casi oltre i cinque emersi nei primi giorni”.
La tempestiva risposta delle autorità ha dunque permesso di contenere il diffondersi delle infezioni. “Il sistema ha funzionato alla perfezione. Ci siamo subito coordinati per le attività di isolamento e tracciabilità. Abbiamo proceduto immediatamente a tracciare i contatti dei contatti grazie all'efficienza della macchina della sanità. Dire oggi che il trend è favorevole sarebbe forse troppo ottimistico – prosegue Mulas –, ma da quello che mi comunicava Ats, l’emergenza dovrebbe essere quantomeno sotto controllo e i risultati lasciano ben sperare”.
I social, nel frattempo, sono divenuti terreno di critica e condanna sociale rispetto a presunte cattive condotte da parte dei cittadini bonesi accusati del mancato rispetto delle norme anti-Covid. “Additare qualcuno come untore per processare chi ha diffuso il virus in un momento pandemico è un'offesa alla dignità umana – osserva il sindaco –. Anche perché è impossibile saperlo. Io stesso ho contratto il Covid e non ho idea di come sia accaduto. Se fosse stato semplice risalire a chi genera i focolai non ci sarebbe stata una pandemia mondiale. La verità è che i virus circolano con estrema facilità. Affermare che non abbiamo rispettato le regole, poi, è gravissimo, mi sento di respingerlo categoricamente: non siamo un paese di folli".
Il 6 marzo scadrà l'ordinanza che ha istituito la zona rossa. I dati che emergeranno nei prossimi giorni saranno fondamentali per capire se a Bono potranno rialzarsi le serrande o sarà necessaria una proroga delle restrizioni per arginare i contagi.