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Non è abituato a mostrare le proprie emozioni al pubblico, Bruno Conti, uno dei grandi e indimenticati campioni dell'82. Fece sognare un'intera generazione di tifosi e oggi ha commosso i sardi e gli appassionati dello sport in generale pubblicando sulle pagine dell'Unione Sarda una lettera indirizzata al figlio Daniele, capitano e leader del Cagliari, dopo i due gol messi a segno domenica contro il Torino e la speciale esultanza con l'abbraccio al figlio più piccolo Manuel.
Scrive Bruno Conti «Pensavo di averle vissute e provate tutte, poi mi ritrovo a 58 anni sul divano davanti alla tv con le lacrime agli occhi, e tua madre accanto non spiccica parola, mi guarda incantata e troppo emozionata e felice per rompere l'incantesimo. Già ci avevi fatto piangere l'anno scorso con Brunetto, ora Manuel. La stessa scena, la stessa gioia. Perché quell'abbraccio racconta una famiglia, la nostra famiglia. Perché tutti conoscono il grande calciatore che sei diventato, in pochi però sanno quanto tu sia un grande uomo, un grande figlio, un grande padre.
Mi capita spesso di ripensare a quella mattina in cui mi chiamò il direttore sportivo della Roma Franco Baldini per comunicarmi la tua cessione al Cagliari in comproprietà per una stagione. Proprio in Sardegna, pensavo, la terra in cui io e tua madre ci eravamo innamorati nell'estate dell'82. Ero felicissimo, anch'io poi mi son dovuto fare le ossa al Genoa prima di giocarmela nella Roma. Forse all'inizio, in cuor mio, speravo di rivederti presto con la maglia giallorossa, e quel gol a Perugia sotto la Sud resterà un ricordo indelebile. Quindici anni dopo è andata in tutt'altro modo. Una storia diversa, forse più bella, di sicuro speciale. Hai fatto una scelta importante, la più difficile, ma alla fine hai vinto tu.
Ricordo i primi momenti al Cagliari, l'esordio, i sogni, le difficoltà. Per anni ti sei portato sulle spalle quel cognome pesantissimo, ingombrante. Soffrivo quando la gente ti paragonava a me, non era giusto. Col tempo, però, hai zittito tutti, poi li hai conquistati sul campo. Col talento, con la forza, col carattere. E in questo sì, siamo uguali, perché entrambi siamo testardi e corretti allo stesso tempo, non cerchiamo sotterfugi, guardiamo tutti in faccia a testa alta con la cultura del lavoro e della famiglia.
I due gol al Torino mi hanno ricordato quello al Napoli nel 2008. Proprio in questi momenti vengono fuori gli uomini duri. E da capitano vero, a fine partita, ti ho ascoltato commosso, hai dedicato la vittoria ai compagni e ai tifosi.
Forse dal vivo io e tua madre non ti abbiamo mai detto quanto siamo orgogliosi di te. Oltre ad aver onorato il nostro sangue in campo, hai portato avanti, grazie anche a tua moglie Valeria, i valori della nostra famiglia in una società complicata, problematica e superficiale come faceva tuo nonno Andrea, muratore e padre di sette figli. E per questo, figlio mio, non smetteremo mai di ringraziarti.»
Complimenti Bruno, è di queste storie d'amore e di sentimenti solidi e sinceri che il calcio, e il mondo, hanno bisogno oggi più che mai