E’ stato una delle rivelazioni della dodicesima edizione di Masterchef Italia, lo show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy, sempre disponibile on demand, divenuto appuntamento fisso per gli appassionati di cucina in Italia e nel mondo. Antonio Gargiulo, noto “Bubu”, a soli 19 anni ha attirato a sé i riflettori grazie al suo prematuro talento ai fornelli. Nato a Vico Equense, in Campania, si è trasferito con la famiglia in Sardegna, a Cagliari, dove è cresciuto sin da piccolo. La commistione fra due terre così uniche ha sicuramente influito sulla sua formazione culinaria, maturata fra le mura casalinghe. Poi il trasferimento a Roma per gli studi universitari, dove si è iscritto alla facoltà di Scienze Archeologiche. Durante l’esperienza accademica il giovane ha avuto il tempo di riflettere sulle sue reali passioni, e così quando si è presentata l’opportunità non ha esitato, decidendo di fare domanda per partecipare ai provini di Masterchef Italia.

Da lì è iniziata l’avventura di Bubu: dai tre sì dei giudici ai suoi culurgiones alle sfide vinte nella masterclass, fino ai complimenti e i sì degli chef stellati Jeremy Chan ed Enrico Crippa e l’incredibile esperienza nel ristorante Mirazur di Mauro Colagreco, tre stelle Michelin. Poi la finale e il successo solo sfiorato, col suo menù che è valso il secondo posto alle spalle di Edoardo, suo amico e compagno di avventure durante il programma. Adesso una nuova vita, lontano dalle telecamere e dalla classe di cucina, l'opportunità di mettersi in gioco e tantissima strada ancora da fare, un mondo ancora da scoprire. Abbiamo intervistato Antonio, che si è raccontato a Sardegna Live fra sogni nel cassetto ed obiettivi presenti e futuri.

A 19 anni sei stato certamente uno dei più giovani finalisti della storia di Masterchef Italia. C'è rammarico per non aver raggiunto il primo gradino del podio?

"Il mio è stato un percorso di crescita, durante il quale ho cercato di migliorarmi e di godermi il più possibile l’esperienza. Ogni giorno che si andava avanti per me era tanto di guadagnato ed essere arrivato in finale è stato già un traguardo incredibile, soprattutto perché l’ho fatto con tre amici, quindi a prescindere da come sarebbe andata sarei stato contento. Sono decisamente felice, anche se poi non ho vinto".

Come definiresti la tua esperienza a Masterchef Italia?

"Penso di aver iniziato facendo vedere la mia passione e la mia voglia di imparare. Ho avuto dei momenti di difficoltà soprattutto a metà percorso, invece penso di aver dimostrato molta crescita e più consapevolezza verso la fine. Quindi lo definirei un percorso di crescita personale a tutto tondo".

E il tuo rapporto coi giudici?

"Io mi sono trovato benissimo con tutti e tre, Barbieri, Locatelli e Cannavacciuolo, ognuno di loro mi ha dato qualcosa di diverso: Barbieri tanta consapevolezza e tanta fiducia in me stesso; Locatelli ha sempre apprezzato molto la mia voglia di imparare e la mia capacità di ascoltare, e anche lui ha sempre avuto la parola giusta al momento giusto, sia nel bene che nel male; con Cannavacciuolo sin dall’inizio sentivo che ci fosse qualcosa di diverso, anche perché lo stimo da sempre in maniera incondizionata. Per me è un esempio da seguire in cucina, e quindi diciamo che a livello personale il suo giudizio era forse quello che pesava di più. La cosa che ho apprezzato di più di Cannavacciuolo è che è sempre stato quello più attento a farmi notare prima cosa potevo migliorare piuttosto che rivolgermi direttamente i complimenti".

Tu sei nato a Vico Equense, in Campania, ma sei cresciuto in Sardegna, a Cagliari. Cosa porti con te di queste due terre?

"Penso tanto, tutto. Io sono cresciuto in una realtà familiare 100% campana, lontano dai nonni, gli zii e i cugini, con cui comunque diverse volte all’anno ci si vedeva e si stava assieme. Tuttavia ho passato tutta la mia vita in Sardegna: qui ho conosciuto i miei amici, ho imparato ad apprezzare sia i sardi che la loro cucina. Posso affermare che entrambe le regioni mi abbiano arricchito".

Proprio la Sardegna l'abbiamo spesso trovata anche nei tuoi piatti, soprattutto nel menù della finale. Che influenza hanno avuto le tradizioni culinarie dell'isola nella tua formazione?

"Sì, la Sardegna è stata molto presente nel menù della finale e in generale a Masterchef Italia, così come la Campania, perché essendo cresciuto fra queste due realtà penso che la mia cucina sia un mix omogeneo di entrambe. La cucina sarda ho iniziato a conoscerla e ad amarla stando qui. La mia ragazza è sarda, così come la sua famiglia, e soprattutto grazie a loro ho avuto modo di scavare a fondo ed entrare nel cuore delle sue tradizioni e dei suoi straordinari prodotti. Trovo, tra l’altro, delle affinità con la Penisola sorrentina in cui sono nato e che continua a far parte della mia vita. Adoro il modo in cui pesce e carne vengono trattati con la stessa cura in Sardegna; molti fuori dall’isola pensano subito al pesce quando si parla di cucina sarda, ma qui c’è una grande tradizione di carne, soprattutto al centro, e proprio per questo in finale ho deciso di portare l’agnello come secondo in un menù quasi totalmente di pesce".

I tuoi genitori non erano a conoscenza della tua decisione di partecipare a Masterchef Italia, volevano che completassi gli studi. Sei riuscito a fargli cambiare idea?

"Direi di sì. Adesso sono molto contenti e mi stanno sostenendo e aiutando a costruirmi un futuro in questo mondo: l’obiettivo ormai è quello. Inizialmente non lo sapevano perché avevo un po’ di timore al pensiero di deluderli, ma fin da subito mi hanno sostenuto e hanno fatto il tifo per me".

Progetti e sogni per il futuro?

"Prima di tutto, tra poco tempo dovrò iniziare una vera e propria esperienza in un bellissimo ristorante, non voglio dire ancora dove. Ma inizierò ufficialmente a fare i primi passi nel mondo della cucina vera. Io sono quel tipo di persona che ha un sogno nel cassetto ma ragiona per step, un obiettivo per volta: adesso il primo sarà la formazione, quindi questa esperienza in procinto di iniziare. Vorrei anche viaggiare e conoscere cucine e culture diverse, perché il sogno sarebbe quello di aprire un ristorante. Semmai dovessi raggiungerlo vorrei solo raccogliere i frutti di tanto studio e cercare di mostrare e condividere con le persone la mia passione e il mio amore per la cucina".

A chi ti ispiri e come definiresti la tua cucina?

"Come detto prima, una delle mie principali ispirazioni è lo chef Cannavacciuolo. Provo una certa affinità col suo modo di cucinare e con la sua visione di cucina. Anche lui, come me, è nato nella Penisola sorrentina e adesso il suo menù è una commistione fra l’arte e la perfezione della cucina piemontese, terra che lo ha adottato e dove ha messo radici la sua famiglia, e ovviamente quella campana. Io mi ci rivedo un po’, perché cerco sempre di unire e far entrare in armonia la cucina sarda e quella campana. Però ci sono tanti grandissimi chef in Italia che sono fonte di ispirazione: Mauro Uliassi, Moreno Cedroni, Massimiliano Alajmo, Norbert Niederkofler; sono tutte persone che mi hanno aiutato ad innamorarmi di questo mondo. Per definire la mia cucina non avrei ancora un modo preciso: penso di essere ancora molto giovane e che la mia idea di cucina vera si debba formare del tutto. Ma se devo dire una cosa, penso che la cucina sia innanzitutto una forma di amore e di condivisione verso il prossimo. Io scelgo di trasmettere ricordi ed emozioni quando cucino, cercando di legare le due terre che mi hanno cresciuto".