I nostri "costumi", così come il canto, il ballo, la poesia ed altre mille peculiarità della nostra cultura, sono i segni identitari della nostra terra e delle sue genti, sono peculiarità che non possono essere svilite in nessun modo per diventare tristi panni di umiliante servilismo. 

Ricche o povere queste vesti, rappresentano una eredità, un pegno lasciatoci dai nostri padri, che noi figli abbiamo preso in consegna con amore, impegnandoci a custodirle e difenderle gelosamente, dall'uomo, che non comprendendone il valore le vorrebbe relegare a scopi poco rispettosi, e dal tempo che scorrendo troppo velocemente rischia di travolgerle e disperderle, come già successo in tanti altri luoghi del nostro pianeta, cancellando così quei segni che contraddistinguono un popolo.

Abiti che nel passato hanno accompagnato e scandito i momenti allegri ed i momenti tristi della vita: la nascita, l'infanzia, le nozze, la morte, quelli della vita comunitaria legata alle festività religiose ed ancora a quelle del lavoro, dei campi con la mietitura, la vendemmia, e dall'allevamento del bestiame con la tosatura e la marchiatura, elementi che hanno da sempre rappresentavano il nostro sostentamento e la nostra ricchezza.

Ancora vesti che abbiamo usato come segno di cortesia e rispetto, non come servi, ma come padroni, quando abbiamo accolto l'ospite con quella sacralità che ci ha sempre caratterizzato.

Tanti di noi hanno dedicato la loro vita affinché questo tesoro fosse preservato nel tempo e non calpestato o alienato, facciamo in modo che nessuno abbia l'ardire di venire meno con azioni riprovevoli, non rendiamoci complici di gente ignorante e senza scrupoli, che ha come scopo principale il proprio tornaconto ai danni della gente di Sardegna e della sua identità.