Gli è stato proposto un intervento chirurgico per risolvere un problema neurovascolare invalidante che gli provoca dolori insopportabili. Peccato, però, che sta aspettando da 5 mesi di poter entrare in sala operatoria. Nel frattempo, non solo non riesce a gestire il dolore, ma ha perso anche il lavoro perché i farmaci antiepilettici che è costretto ad assumere interferiscono con l'attenzione e la lucidità mentale, senza dimenticare gli effetti sullo stomaco.

Il caso viene segnalato da Maria Grazia Caligaris dell'associazione Socialismo Diritti Riforme, che ha accolto il grido di dolore di un cagliaritano di 54 anni, ex autista di mezzi per il trasporto di merci pericolose, costretto a rinunciare al lavoro e a trascorrere le giornate chiuso in casa.

"Potrei dire che nel mio caso ho dovuto subire non solo il danno, dovuto a questo contatto anomalo tra il nervo del trigemino e l'arteria, ma anche la beffa - racconta l'uomo, sposato e padre di una figlia che aiuta la famiglia con lavori precari - perché a causa del protrarsi nel tempo dell'intervento chirurgico ho perso il posto, due mesi fa sono stato licenziato. Nessun datore di lavoro sembra voler accettare una persona 'disabile' in quanto costretta ad assumere farmaci che peraltro solo in parte leniscono il dolore. Si tenga anche conto che il conflitto del nervo con l'arteria mi impedisce perfino di bere, non riesco infatti a chiudere del tutto la bocca". Il problema si è manifestato la prima volta nel 2014 con un forte dolore alla mandibola. Ora è diventato improcrastinabile e urgente l'intervento chirurgico.

"Convivere con il dolore quando un intervento chirurgico può essere risolutivo appare davvero insensato - commenta Caligarsi - Aldilà delle problematiche sorte in questi ultimi due anni in seguito alla pandemia, cinque mesi d'attesa in queste condizioni sono troppi".