"L'uomo vale quello che sa rischiare" diceva il Commissario Gianni Pesce.

Caro Commissario, ci permetta di aggiungere che l'uomo vale anche per l'esempio che lascia. Che - come un'eco lanciato da sopra le nuvole - si trasmette tra le generazioni. Rendendoci, di fatto, immortali (più durevoli del bronzo perenne, avrebbe detto Quinto Orazio Flacco).

Nella serata del 18 dicembre, a raccogliere e rilanciare l'eco vi è la sala della Fondazione di Sardegna, dove la famiglia Pesce ha organizzato un evento in commemorazione di Gianni, caro marito, amato padre e grande uomo, prima (ed oltre!) che formidabile commissario.

Elio Turno Arthemalle, autore ed attore cagliaritano, apre l'incontro con una lettura tratta da "Giusto e Ingiusto. Le inchieste del Commissario Mari" (uno dei tanti romanzi di Gianni Pesce).

Il suo è un ricordo di un amico di lunga data. ''Sono nato e cresciuto a San Michele. In quell'epoca si costruivano quartieri popolari con errori madornali... mettere assieme 2 mila disoccupati in un posto con pochi servizi e così via... implica la possibilità che diventi un luogo di delinquenza. Ricordo il Commissario e i suoi uomini come una cosa nuova a San Michele. Prima dell'arrivo del Commissario c'era un rapporto acido, contrastato con la polizia. Pensate che in certi posti neppure ci andavano! Con l'arrivo del Commissario le cose cambiarono. C'era sì timore della polizia, perché se hai qualcosa da nascondere ovviamente.  Ma c'era anche rispetto. E questa era una cosa nuova".

A moderare l'evento c'è un altro amico del Commissario: Vito Biolchini che, tra un ricordo e una riflessione, presenta e dialoga con gli ospiti.

Franco Meloni, ''70 anni passati da un po'" ribadisce il concetto di Commissario temuto ma anche amato, sempre attento non solo alla legalità ma anche ai temi sociali, e pronto a dare una mano laddove possibile.

Carlo Pesce, figlio del Commissario (a sua volta in servizio nella Polizia di Stato) comincia asserendo: "Il ricordo di mio padre è variegato, io lo accompagnavo nel suo lavoro e mi raccontava di tutto e di più. Una sorta di realtà Pasoliniana".

Giunto a Cagliari da Roma, per prendere servizio in un piccolo commissariato, il Commissario Pesce si ritrovò in una situazione anarchica, di terra di nessuno: non si poteva fare un arresto poiché gli agenti venivano circondati e pestati, in alcune vie addirittura neanche si poteva entrare.

''Papà disse che non gli andava bene. Voleva far capire che la polizia andava rispettata.  Capitava di dover usare la forza, ma una volta trasmesso il messaggio, non arrestavano nessuno. Non portavano nessuno in prigione. Perché papà ricordava sempre che i poliziotti sono uomini in mezzo ad altri uomini. E non giudicava nessuno, addirittura mostrava comprensione per le situazioni di disagio, offrendo una mano di aiuto come e quando poteva".

Tra i ricordi più significativi, l'intervento della moglie del Commissario, alla quale un detenuto nel carcere di Buoncamino mandò un biglietto di auguri per la nascita del figlio (Carlo, per l'appunto).

Uomo mosso da un profondo senso del dovere e di giustizia, che lavorò con Giovanni Falcone a Palermo, a Cagliari Gianni si trovò davanti un mostro: il potere corrotto.
E da sportivo quale era, decise di prendere la cosa in maniera sportiva, cominciando una battaglia trentennale con chi, in realtà, doveva stare dalla sua parte.

Più il Commissariato faceva più gli toglievano uomini mezzi e risorse. Provarono anche a corromperlo. Niente da fare. Ma alla fine, si può ben dire che la sua battaglia, Gianni Pesce la ha vinta.

Laura Pesce, sorella di Carlo, condivide con un video, un vero e proprio spaccato familiare articolato in tre momenti (lontano passato, periodo centrale ed utimi 15 anni).
Le immagini scorrono, i sorrisi si colorano e gli occhi si bagnano nel vedere Gianni ora bambino, ora nella foto di gruppo della scuola, e poi con la divisa, nel giorno del suo matrimonio, coi figli sempre più grandi e sulla sua barca, da grande appassionato di vela. 
Pellicole un po' sbiadite di un ricordo tutt'altro che sbiadito, bensì vivido e nitido.

Non si manca di ricordare il suo percorso da scrittore, che nessuno poteva immaginare. Aveva iniziato appuntando racconti di vita, senza un'idea precisa. Si trattava di una cosa per i figli.
Poi questi racconti hanno iniziato a diffondersi, è nata un'idea e di lì tutto il progetto. Portato anche nelle scuole, in coppia col figlio Carlo (che tutt'ora lo prosegue con orgoglio e passione), animato dalla volontà di creare un canale di comunicazione con la gioventù, spesso descritta un po' allo sfacelo, in parte anche perché non le si parla nel giusto modo.

Il messaggio più bello è infatti che parlare di legalità fine a sé stessa è parlare di un concetto privo di significato (Carlo ricorda che le leggi razziali di Hitler furono fatte in piena legalità. Eppure, hanno provocato una tragedia).
È quindi importante che alla legalità si accompagni un'etica e una morale.

Con l'accompagnamento alla chitarra, Anna Pesce (primogenita del commissario) interpreta una poesia e una canzone da lei composta per il papà.
Tutta la sala si alza commossa in un applauso, che riporta il formidabile commissario Pesce (...ma non solo!) più presente che mai.

Il vento di questo applauso ci riporta alla mente l'immagine conclusiva del video di Laura: un gabbiano in volo sul mare ("son mediterraneo" diceva Gianni nella canzone della figlia Anna) con la scritta "buon vento papà".

Buon vento, Commissario.
Con l'augurio che alimenti la sua fiamma, che ci immaginiamo rossa e blu, come il suo amore e la sua passione, uniti al colore del Corpo che ha fieramente rappresentato e del suo mare... e come la città per la quale si è battuto, e dalla quale speriamo le giunga l'emozione di questa serata.