PHOTO
La vita di un uomo, Julian Assange, e le incredibili vicende che hanno attraversato il suo percorso da giornalista al centro di un potere che avrebbe scardinato rivelando con Wikileaks, sito da lui fondato, documenti statunitensi secretati riguardanti crimini di guerra.
Lo spettacolo di Alessandro Di Battista, in scena al Teatro Massimo di Cagliari con l'organizzazione del Cedac – Sardegna, riavvolge il nastro di una storia che ha fatto il giro del mondo e che oltre ad aver visto prigioniero in carcere l'attivista, ripropone con forza il delicato dibattito sulla libertà di stampa e la trasparenza dell'informazione, ovvero “sulla nostra stessa libertà”.
“Colpirne uno per educarne cento”, sottolinea a più riprese Di Battista, riprendendo una citazione attribuita a Mao Tse-tung, che si muove tra filmati e documenti in un teatro gremito, attento e partecipe nell'ascoltare la storia di Assange.
Dalla pubblicazione dei documenti che dovevano restare segreti e che rivelano i crimini di guerra di diverse nazioni, a cominciare dagli Stati Uniti, alle denunce da lui subite negli anni in cui è stato rifugiato politico nell'Ambasciata dell'Equador a Londra, fino al giorno del suo arresto e alla detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. L'amara riflessione del politico-opinionista apre a diversi interrogativi che mettono a fuoco il colpevole silenzio dei media, sempre più conformisti e portatori di una realtà ben diversa da quella mostrata dai social media di chi si ritrova sotto le bombe israeliane di Gaza, nella Cisgiordania occupata e in Ucraina, che diventano complici di chi ha sfruttato l'asimmetria informativa e la propaganda in Occidente per nascondere abusi di potere e crimini di guerra.
La storia di Assange, quello scrigno violato con la pubblicazione di note segrete per smascherare la genesi delle guerre in altri luoghi come la Libia, ad esempio, sarebbero strumenti utili da utilizzare per capire le guerre di oggi che, per Di Battista, “non hanno mai a che fare con la lotta per la libertà. Si tratta soltanto di interessi e dovremmo ribellarci. I popoli sono contro la guerra”.