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"Se l'indipendenza della magistratura è davvero un bene di tutti i cittadini, allora questa non può essere solo dichiarata, ma deve essere garantita con strumenti concreti. In questo senso la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante è l'attuazione del principio costituzionale del giusto processo sancito dall'articolo 111 della Costituzione. Tale riforma rafforza l'autonomia dei magistrati, sottraendoli all'influenza e al condizionamento interno delle correnti, e nel contempo garantisce la terzietà dei giudici". Queste le parole della Camera penale di Cagliari, in una nota rilasciata proprio il giorno della protesta dell'Associazione Nazionale Magistrati in tutta Italia. I penalisti cagliaritani, guidati da Franco Villa, auspicano "che si sviluppi il dibattito pubblico, con il coinvolgimento di tutti gli attori del processo e della società civile", sottolineando come "arroccarsi in una difesa corporativa di un sistema che da tempo dimostra le sue contraddizioni impedisce la dialettica democratica sul tema della giustizia. L'avvocato non è un ospite del processo penale".
Sulle stesse tematiche si è espresso anche Gianmario Demuro, professore ordinario di Diritto Costituzionale all'Università di Cagliari, che ha sollevato dubbi sulla riforma della giustizia. "Cosa non mi convince in questa riforma della giustizia? Innanzitutto c'è un tema metodologico che è una riforma interamente di maggioranza", ha spiegato Demuro, evidenziando la mancanza di modifiche nei primi passaggi legislativi. "La separazione delle carriere esiste già nella legislazione e ribadirlo nel testo costituzionale solleva interrogativi sul valore di tale principio". Demuro ha poi aggiunto che "l'ordine giudiziario deve mantenere la funzione sia giudicante che requirente in un unico ordine" e ha messo in dubbio la necessità di separare le carriere, argomentando che la cultura giuridica e la tutela dei diritti fondamentali non giustificherebbero una divisione così netta tra i due ruoli.