"Con la definizione del protocollo sulla donazione d'organi a cuore fermo controllato ampliamo la platea dei potenziali donatori in Sardegna e rafforziamo la rete trapianti regionale definendo percorsi organizzativi in linea coi più alti standard nazionali, per offrire nuove opportunità di vita a tanti pazienti in lista d'attesa nella nostra isola". Sono le parole dell'assessore della Sanità Armando Bartolazzi in merito al via libera in Giunta del "Protocollo regionale di donazione di organi da donatore a cuore fermo controllato (cDCD)", approvato nella giornata di ieri.

Il nuovo provvedimento è finalizzato a favorire la donazione di organi in situazioni in cui la morte dovuta a un arresto cardiocircolatorio è prevedibile a causa delle condizioni irreversibili del paziente. Questo approccio coinvolge la sospensione dei trattamenti medici, concordata con i familiari, in modo indipendente dalla possibilità di donazione. In questi casi, il decesso viene confermato utilizzando criteri cardiologici (Donor after Circulatory Death - DCD), a differenza dei donatori in morte cerebrale, dove viene utilizzato il criterio neurologico (Donor after Brain Death - DBD), un programma regolarmente in atto da anni nella nostra Regione.

"L'obiettivo principale di questo protocollo è quello di aumentare il numero di donazioni, dato che quelle provenienti da donatori con accertamento di morte neurologico sono ormai stabili e non più in crescita. Questo incremento è considerato fondamentale per garantire una migliore qualità di vita a un numero sempre maggiore di persone con insufficienze d'organo", afferma l'assessore.

"Il protocollo sulla donazione a cuore fermo controllato", prosegue l'Assessore Bartolazzi, "arriva al termine di un percorso che ha previsto preliminarmente l'istituzione di un tavolo tecnico regionale che ha lavorato in questi mesi per definire nei minimi dettagli i criteri per l'individuazione dei potenziali donatori cDCD, la valutazione dei parametri di inclusione o esclusione, le fasi della donazione, il coinvolgimento consapevole dei familiari, la gestione del prelievo, il ruolo di coordinamento del Centro Regionale Trapianti e dell'organizzazione clinica che richiede un alto grado di complessità ".

"Un aspetto particolarmente delicato della donazione a cuore fermo - spiega ancora Bartolazzi - è rappresentato dalla certificazione di morte con criteri cardiologici che in Italia può avvenire solo dopo venti minuti di arresto cardiaco registrati con elettrocardiogramma, per cui, per evitare che gli organi possano subire danni occorre mettere in atto tecniche specifiche e un rigoroso rispetto dei tempi, che presuppone una elevata professionalità e una perfetta sinergia tra i diversi operatori".