Un interessante esperimento sociale ispirato alla "Signora dei piccioni" del film "Mamma ho perso l'aereo, mi sono smarrito a New York" del 1992, è stato condotto da Claudia Murru, medico specializzato in Medicina Preventiva Psicogeriatrica.

La dottoressa, nata e cresciuta a Cagliari e attualmente residente a Quartu Sant'Elena, ha girato per la città per osservare le reazioni delle persone. Proprio come nel film, indossava un costume di scena da clochard e relativi piccioni annessi, percorrendo le affollate strade della passeggiata nel centro del capoluogo sardo, durante la giornata di ieri, sabato 21 dicembre.

L'esperimento ha suscitato in lei diverse riflessioni non positive ma addirittura preoccupanti sulla società odierna, caratterizzata "da distacco, giudizio e paura", con però rare eccezioni.

"La reazione più comune è stata l'indifferenza e la mancanza di ilarità. Sguardi disapprovanti, non riuscivano ad ammorbidirsi nemmeno se sollecitati da un mio sorriso o da un gesto di saluto - ha affermato Claudia Murru -. Questo suggerisce una difficoltà generalizzata nel lasciarsi andare alla leggerezza e all'umorismo estemporaneo, come se ci fosse una sorta di barriera emotiva che impedisce la connessione con gli altri, attraverso anche una semplice risata".

"Molte persone hanno reagito con pregiudizio, denunciando la tendenza, assai diffusa, a classificare gli altri in base all'apparenza e a giudicare negativamente i comportamenti non convenzionali, seppur innocui - ha detto ancora la dottoressa -. La reazione di paura è quella che mi ha colpita in modo significativo. Alcuni avevano paura dei piccioni, che evidentemente erano finti, ma sulle altrui fobie, non è corretto esprimere giudizi".

"In modo più generale, però è emerso che molti erano atterriti e diffidenti verso ciò che è percepito come 'diverso' o 'strano', per deformazione professionale, non ho potuto sorvolare sull'analogia con lo stigma e l'emarginazione che vivono le persone con demenza", ha spiegato.

"In questo scenario di stereotipi e pregiudizi però, qualcuno ha regalato un barlume di speranza: anziani e senzatetto - ha detto Claudia Murru -. Sono stati infatti gli unici ad avvicinarsi incuriositi, a scambiare una parola simpatica, mostrando apertura, qualche risata e manifesto desiderio di socializzare. Fa riflettere che proprio queste categorie sociali, spesso marginalizzate, siano state paradossalmente più capaci di connessione umana autentica.

"Gli anziani, che forse conservano il dono dello stupore, hanno memoria di interazioni sociali più dirette e meno mediate dalla tecnologia. I senzatetto, che vivono ai margini della società, potrebbero aver sviluppato una maggiore empatia e una necessità di contatto umano? Ho incontrato tanti bimbi, solo uno si è avvicinato incuriosito dai piccioni - ha dedotto il medico -. Ho toccato con mano l'incapacità di gestire le dinamiche relazionali dirette, il paradosso tra la connessione apparente ed effimera offerta dai social network e la reale difficoltà di relazionarsi di persona. I social media possono creare un'illusione di vicinanza, ma mancano della profondità e dell'autenticità delle interazioni faccia a faccia".

"Da tempo porto avanti una campagna di sensibilizzazione per il recupero del senso di comunità a favore delle persone anziane - ha spiegato Claudia Murru, ricollegandosi alula propria professione -. Il mio esperimento sociale ha evidenziato una preoccupante perdita del senso di comunità e di condivisione. In un contesto urbano sempre più individualista e frenetico, le persone sembravano anestetizzate e incapaci di interagire con gli altri, anche in situazioni leggere e divertenti".

"Questo piccolo esperimento mostra che abbiamo disimparato a sorridere a chi ci sorride, sottolinea quanto sia necessario lavorare per stimolare il bisogno del contatto umano autentico, della risata, dello scambio di battute, dell'autentica interazione con un estraneo - ha concluso il medico -. La mancanza di queste interazioni portare solitudine, isolamento e alienazione. È un'emergenza sociale che riguarda tutti noi, e la nostra salute e il nostro benessere. Come professionista della salute, ritengo necessario e urgente promuovere iniziative che favoriscano la socializzazione e il recupero del contatto umano. Attività di gruppo, eventi di comunità, spazi di aggregazione che contribuiscano a ricostruire il tessuto sociale e riportare la luce negli sguardi spenti che ho incontrato tra le colorate vie cittadine. Tornando a casa, sotto una doccia bollente mi sono lavata via il trucco, il parrucco e il pregiudizio, ma mi è rimasto il desiderio di contagiare sorrisi agli sconosciuti".

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